La due giorni calcistica della massima competizione europea per club ha riportato il movimento calcistico italiano coi piedi (o col sedere, fate un pò voi ndr) per terra.
A livello di nazionale le Furie Rosse avevano già ampiamente “umiliato” la modestissima compagine azzurra in quel di Madrid qualche mese fa. Poi la vergogna sarebbe di lì a poco culminata con l’eliminazione dai Mondiali in Russia ad opera della Svezia.
Il problema nostrano è probabilmente anche di natura generazionale, se in azzurro ci si affida ancora ai Buffon, ai Chiellini, ai Barzagli od ai Bonucci. Ma, a mio avviso, è l’autoreferenzialità del movimento calcistico italiano ad essere il problema che ci trasciniamo ormai da tempo immemore.
Abbiamo una federazione che non vuole capire la lezione dell’ultima debacle mondiale ma continua a perpetuare i soliti giochi di potere.
I club (incluso il nostro Napoli) che, al di là di mere dichiarazioni di facciata e ad hoc per certe occasioni, hanno in pratica dismesso i loro vivai in cerca gli uni (quelli col portafogli più pingue) di pescare il campione (o presunto tale) di turno per mantenere la leadership in campionato o “minacciare” chi ce l’ha. Gli altri (quelli meno ricchi) cercano di pescare il jolly all’estero (possibilmente a buon mercato), con la speranza che esploda calcisticamente e produca sostanziale plusvalore per poi rivenderlo.
Peccato che il tutto crolli miseramente quando ci si va a confrontare col calcio che conta.
Anche un club come il Real, che spende e spande senza problema alcuno, se ne guarda bene dallo smantellare o, peggio, ignorare il proprio vivaio riuscendo continuamente a tirare fuori dal cilindro, insieme ai Cristiano Ronaldo, gente come Isco, Asensio, Carvajal, ecc.
Della cantera del Barça e dei tanti campioni sfornati in questi anni è superfluo parlare. Lo stesso Lionel Messi venne scovato dai talent scout blaugrana all’età di dodici anni.
Ma la Liga spagnola non è soltanto fatta da madridisti e barcelonisti.
La Spagna di Lopetegui, infatti, è la candidata numero uno per vincere il Mondiale di quest’anno.
Perché, signori miei, dietro ai grandi nomi crescono anche i ragazzini che giocano nelle “squadre B” dei grandi club iberici. Particolarità tutta spagnola. Club che, per regole federali ben precise, non possono mai salire in Liga ma che adottano gli stessi dettami tattici delle squadre madri.
Insomma, il calcio spagnolo ci insegna una lezione fondamentale per chi pratica sport, a livello agonistico ma anche a livello amatoriale: al di là del puro aspetto finanziario, ciò che conta è avere una visione, un progetto, un piano.
Si può scegliere di andare avanti con lo stesso vigneto, sperando di avere sempre dell’ottimo vino, anche se il vitigno inizia ad invecchiare e a produrre sempre meno. Oppure si può scegliere di sostituire gradualmente le piante più vecchie con delle nuove, magari sperimentando nuove varietà per catturare nuovi mercati.
Progettualità o improvvisazione.
Navigare con una mappa o a vista.
Questione di scelte.
Giulio Ceraldi
#ForzaNapoliSempre