NAPOLI – CAGLIARI ACCECATI DALLA DELUSIONE

Stasera il Napoli affronta il Cagliari.

Il Campionato non è ancora finito.

Ma qualcuno se lo ricorda ancora?

Oppure siamo troppo presi dallo sconforto per non essere riusciti a portare a casa nessun trofeo?

Non vuole essere una provocazione, questa, e tanto meno un tentativo per deridere o smantellare chilometri di inchiostro (oggi centinaia di parole in formato word ndr). Ore di dirette e differite web/tv e decine di prime pagine che hanno come denominatore comune quello di puntare allo status quo in prospettiva del mondo azzurro.

In questo contesto, invece, mi soffermo soltanto un attimo per porre l’accento sul fatto che la sfida con l’undici sardo guidato da Maran è l’ennesima tappa di avvicinamento all’unico risultato utile ancora disponibile per questa stagione: il secondo posto.

Dall’altra parte, però, è innegabile che le stesse scelte tattiche e di rosa che stasera vedremo attuate dalla mano saggia di Ancelotti incorporano una sequela di azioni-controazioni-non azioni che, dati alla mano, hanno in qualche modo segnato e rischiano, nel prossimo futuro, di segnare il passo del Napoli. Procedendo per ordine di priorità, Meret si rivedrà tra i pali, come Albiol dovrebbe, finalmente, andare ad arricchire con la parola esperienza l’assetto di una difesa che, senza l’apporto del valenziano ha vissuto evidenti alti e bassi, negli ultimi tempi.

Probabilmente rivedremo Younes sul fronte d’attacco.

Ma sarà interessante anche l’approccio del Cagliari.

Pavoletti e Cigarini sono pedine ben note da queste parti e negli ultimi tempi lo è anche Barella (viste le voci di mercato). Ma c’è anche altra qualità in Joao Pedro, Thereau, Padoin e Ionita.

Gli azzurri, statistiche alla mano, sono avvantaggiati ma tutto lascia intendere che, se si cerca punteggio pieno, la strada sarà irta di ostacoli.

La sfida di stasera è un bel pentolone bollente che se venisse completamente scoperchiato provocherebbe la fuoriuscita di tematiche interessanti, provocatorie ed anche inutili, in questa fase. Partiamo da una parola: Organizzazione. La ‘’o’’ maiuscola iniziale va sottolineata. E’ altrettanto importante quanto la Comunicazione. Le maiuscole, permettetemi, vanno esaltate. Ho notato, con fervido interesse, che il giro d’interesse, il cosiddetto rating passionale (passatemi un termine a metà strada tra il moderno ed in parte legato ad un glorioso giurassico trascorso da tifoso azzurro ndr) del Napoli è, nonostante tutto (delusione, fallimento, tradimento), ancora ai massimi termini. Forse più per quantità che per qualità. Ma l’importante, di questi tempi, è continuare a ballare.

Non ci voglio girare intorno, ma i due concetti espressi poc’anzi hanno radici importanti e diffuse non solo nel calcio moderno, ma in molte realtà aziendali. Sono due must dell’aziendalismo puro, anche con origini antiche, ma che servono, in campo economico-finanziario, come l’aria che respiriamo.

Perché uso un’espressione simile?

Perché stasera, al San Paolo, sono attesi poco più di diecimila spettatori, perché tra le strade di Partenope non si parla solo di calcio, perché leggere i bilanci è diventata materia non più riservata agli esperti, perché…fermiamoci qui. La lista dei perché sarebbe lunghissima. Tiro le fila del discorso, riprendo il gomitolo che si stava srotolando in modo anarchico e riporto tutto sotto controllo. Sfogliando i più semplici dei manuali di economia, finanza aziendale e marketing, si realizza subito che per chi vuole stare in sintonia con il mercato (vendite e social su tutto) organizzazione intesa come capacità di pianificare a dovere le azioni da compiere (anche e soprattutto attraverso una oculata scelta degli uomini d’azione) non può prescindere da una radicata e precisa scelta di modelli per comunicare la propria identità. Andando a contestualizzare, è molto difficile che le scelte di Aurelio De Laurentiis possano essere comprese e condivise in pieno e far andare quasi a braccetto le idee palesate da Ancelotti con le esigenze e le aspettative dei tifosi napoletani.

Qualcosa non quadra ed oggi è chiaro più che mai.

Il tiro va corretto. Certo, le teorie di antropologia sociologica focalizzata su un popolo perderebbero senso se indirizzate ai vicoli partenopei. Ma i tempi cambiano, ci mancherebbe. Appunto per questo ci si deve adeguare. Ci si deve sedere a tavolino e comprendere che la soddisfazione dei clienti tifosi non è un termine da usare solo per call centers e simili. Che scendere virtualmente per le strade della città e porre ascolto a tutto e tutti si può, con la giusta strategia di comunicazione diretta e indiretta, finanche verbale/non verbale (leggi interviste). E ancora che se non si è in grado di puntare con i soldi ai gradini più alti, si faccia almeno un’analisi onesta, appassionata, diretta, dei propri limiti strutturali come simbolo di continuità, in modo tale che non si creino false aspettative.

I numeri, oggi, li fanno le strategie di mercato, le sponsorizzazioni da accordi multinazionali, il merchandising cooperativo e non più le gradinate piene (e relativi abbonamenti online ndr). Lo si sa da tempo e non c’è da scandalizzarsi. La realtà è questa. La delusione ci sta, ma non deve accecare.

Molti non la pensano cosi.

Chi, tifosi su tutti, chiama in ballo il pensiero ribelle (leggi Mauriac), sa di essere libero di lasciar andare il proprio dove vuole. E molte volte è pur vero che non contano i numeri oppure i nomi, ma solo il rispetto per il soggettivo. Non è rivendicare una realtà popolare o meno. Ma dare credito ad una moderna civiltà sportiva e culturale. L’importante è che sia sempre più azzurra!…

Avanti Azzurri, Avanti…

Marco Melissa

#ForzaNapoliSempre

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