Spesso mi sono trovato d’accordo con la cosiddetta mentalità ultrà, col suo modo maniacale, eccentrico di amare l’azzurro.
Altre volte confesso di avere chiare difficoltà nel recepire il messaggio in comportamenti a me troppo alieni per essere decifrati.
Fu così quando scelsero di cantarsi gli slogan anti-Napoli per solidarizzare coi nemici-colleghi ultras di altre squadre, accusati da una parte dell’opinione pubblica di incitare all’odio coi loro cori discriminatori. Contribuendo in questo modo alla derubricazione (come già si auspicava da più parti ndr) a semplici sfottò di questi, usando un eufemismo, alquanto discutibili modi di sfottere i sostenitori azzurri.
I tempi di reazione italiani a certi tipi di eventi sono unici, sui generis.
Fu così quando ci vedemmo letteralmente scippare lo scudetto da quell’ignobile direzione di gara che (quella sì) grida ancora vendetta. Sono occorsi mesi per vedere reazioni davvero piccate a tale sconcio ed anzi, a dire il vero, non hanno mai raggiunto picchi degni di nota, a pensarci bene. Evidentemente l’abitudine all’olezzo è talmente radicata, non soltanto nella politica, per provocare reazioni di una apprezzabile entità. Ma tant’è. Questo è il Bel Paese, bambole. Fatevene una ragione.
La dipartita di Maurizio Sarri ha lasciato l’amaro in bocca a molti. E’ chiaro, lampante.
A me personalmente, non da alcun fastidio. E’ stato un uomo che si è sempre schierato apertamente a difesa dei colori e soprattutto della città. Anche quando sarebbe stato più conveniente nicchiare, glissare, ignorare. Anche adesso che allena all’estero non disdegna parole d’amore verso la sua ex squadra. Come quando affermò, qualche settimana fa, che se in finale di Europa League il suo Chelsea avesse affrontato il Napoli sarebbe stato felice comunque, con una vittoria od una sconfitta. Si può discutere tutto di quest’uomo ma non la sua onestà intellettuale.
Resta il fatto che quando è andato via non si sono certo erette “barricate” in città. Solo una timida, modesta ondata di disappunto ma nulla di più.
Ora questa protesta al grido di “meritiamo di più” sa un pò del vecchio refrain dell'”aridatece er puzzone” di nostalgica (…) memoria.
La tempistica, ragazzi. La cavolo di tempistica è il vostro vero Tallone d’Achille. O troppo tardi (come nell’esempio poc’anzi elencato) o troppo presto. Mai al momento giusto. Mai. Senza entrare nel merito delle motivazioni (giuste o sbagliate che siano). Sarà il mondo ultrà. Un mondo dove l’autoreferenzialità è linfa vitale. Dove non c’è esterno che possa permeare le pareti di una mentalità (a torto o a ragione, mi ripeto) a tenuta stagna.
Dopo tutto questo girovagare non mi resta che arrivare all’episodio di ieri.
Mi sforzo di capire la logica del gesto ma non riesco a trovare il senso. Mi rendo conto di essere un presuntuoso nel cercare di capire qualcosa di un mondo che appena conosco. Ma se il fine giustifica i mezzi, ecco, io non vedo altra conseguenza, nell’atto di rigettare indietro proprio la maglia di chi non ha mai lesinato una goccia di sudore per quei colori. Proprio colui che ha più volte manifestato la voglia di restare. Ebbene, se l’intenzione era quella di isolarsi, forse in una visione elitaria, ma pur sempre incomprensibile, di vivere il tifo, anche a costo di rendersi invisi, quasi odiosi agli occhi dei “profani”, la missione è compiuta.
Non capisco e non mi adeguo.
Giulio Ceraldi
#ForzaNapoliSempre