Tracciare una nuova strada imprenditoriale è da sempre una sfida impegnativa, spesso considerata non realizzabile secondo i propositi iniziali, ma modificata ‘’in corso d’opera’’ a causa di necessità contingenti.
Il Napoli è, oggi, una sfida nella sfida ed ancora di più. Non sono solo parole da tifoso, ma dati, analisi, passione, passato ed un futuro per il quale si sta ‘’ancora costruendo’’.
Appunto: ancora costruendo!
In questi giorni di stop al campionato per gli impegni della Nazionale di Mancini nelle qualificazioni agli Europei, piovono a dirotto gli spunti di riflessione sullo status quo della società azzurra, tra progetti, dubbi e voci di mercato che si rincorrono. La doverosa premessa in questa sede punta l’obiettivo su diversi aspetti che continuano ad oscurare l’azione del gruppo di Ancelotti. Pur operando nel pieno rispetto di un programma di sviluppo sia tecnico che organizzativo, l’ombra ‘’scomoda’’ ed ingombrante di un sistema calcio che si potrebbe ormai definire ‘’annacquopoli’’ (chiaro il riferimento ad una dilagante tendenza ad allontanare la matrice sportiva in favore di tematiche prettamente economico-finanziarie e massmediatiche). Ciò sta in qualche modo spostando l’asse d’interesse per il ‘’giocato’’ degli azzurri verso nuove tematiche che accendono, e non poco, dibattiti e controversie che ingannano l’attesa sportiva dell’evento e relative aspettative per il futuro.
Proprio di prospettive future, in questa sede, sembra doveroso soffermarsi, allo scopo di mettersi ‘’alla guida’’ delle prossime sfide di campionato ed EL con lo spirito costruttivo giusto.
Partiamo da un assunto: Ancelotti è in sintonia con qualsiasi programmazione societaria, momentaneamente ne condivide l’orientamento tecnico nelle mosse di mercato fatte fino ad oggi, prima su tutti la scelta di puntare su giovani talenti (un vero e proprio diktat che si ripete da anni di gestione Adl). Dalle ultime dichiarazioni di questi giorni si evince che il piano di sviluppo azzurro lo affascina in un crescendo di umile impegno, diviso tra una difesa dei ‘’suoi’’ principi-vedute tecniche e l’approccio all’oggi anche con un coordinato ausilio delle tecnologie (allenamento integrato e check H24 della dinamica muscolare dei singoli giocatori).
Considerando tutto ciò, l’espressione strettamente tecnica di quanto visto fino ad oggi è un percorso che tutta la rosa (si spera) ha intrapreso con la massima disponibilità e con grande senso di sacrificio al servizio della crescita della squadra.
Ora la domanda nasce spontanea: di tutto ciò qual è la parte che interessa al tifoso?
I risultati, il gioco, il divertimento.
Ma non è una risposta applicabile a tutti i tifosi.
Ormai è noto che l’opinionismo ed il tatticismo hanno conquistato il titolo di ‘’scienze web-sociali’’, almeno in ambito calcistico. Dappertutto ci si confronta su questa o quella scelta, creando una sorta di ondivaga presa di coscienza da parte di alcuni tifosi che vengono letteralmente disorientati o, nella peggiore delle ipotesi, plagiati da un sistema ‘’tanto fumo e poco arrosto’’.
Proprio questa metafora è la nuova frontiera della divulgazione sportiva.
Tante parole che si inseguono e si ripetono a cadenze settimanali. Andare al sodo diventa, allora, un imperativo categorico. Allo scopo di evitare di incorrere in litanie letali per la fiamma della passione dei tifosi, si devoni mettere a nudo i limiti del ‘’sistema Napoli’’ al cospetto di un discutibile ‘’sistema italiano’’ che soggiace più che mai al mutevole corso dell’economia globale.
Non ci si deve arrampicare ad astrusi concetti presi in prestito dalla micro-macro economia per arrivare a comprendere che l’Italia è affetta (da sempre, a memoria d’uomo, o almeno per il sottoscritto ndr) da un vassallaggio economico preoccupante che prende di volta in volta forme diverse ma con un copione ben definito: padroni da una parte e servi dall’altra.
Chi schiaccia i bottoni spesso schiaccia lo sport nostrano.
I nostri sono piccoli numeri, se paragonati ai grandi ‘’feudi’’ del calcio mondiale. Basti guardare l’Inghilterra, la Germania e, da pochi anni, quanto riescono a far girare sul piano pratico i nuovi padroni orientali. Non sempre c’è qualità dietro tutto ciò, ma la quantità è impressionante, anche in evidente violazione dei principi dell’ortodossia economica dei grandi teorizzatori del passato.
Ora tutto ruota intorno al motto che recita ‘’Business is Business’’.
Il denaro è al centro di un sistema di ‘’copernicana’’ evoluzione in cui una ristretta èlite di società calcistiche detta le linee guida del sistema.
Il fine ultimo resta quello di colpire il fan-consumatore, colui che assiste e subisce, spesso passivamente, l’impatto di una industria imperniata sullo show-business. La sua passione lo trascina verso una determinata ‘’scelta’’ (sinonimo di investimento) che, in qualche modo, ‘’premia’’ questo sontuoso binomio tra lo sport-atleta ed il massmedia-web. ‘’Tutto fa brodo’’ alla fin fine. Ma il tifoso intelligente, che discerne con criterio, tira le sue somme anche nel nostro paese. Capisce fin troppo bene che tutto è programmato a tavolino, che il calcio è ormai un ente sistemico in cui è minimo lo spazio per le improvvisazioni ed è massima la tendenza a rendere uniforme il modello di gestione sportiva così come l’evento stesso.
La globalizzazione è ormai come un polipo di leviatana costituzione: arriva ovunque e travolge inesorabilmente tutto e tutti.
I risultati di una simile realtà sono sotto i nostri occhi, travestiti da termini economici e contabili-fiscali: plusvalenze, fair-play e simili. Una vera droga che miete vittime (bilanci previsionali e consuntivi) illustri e meno illustri.
Tutto ciò dove porta?
A valutazioni inequivocabili che ci interessano da distanza ravvicinata. Non stiamo lì a guardare l’altalena del rosso-verde nei risultati annuali azzurri degli ultimi anni di gestione. Al tifoso interessa poco o niente tutta questa ‘’nebbia tecnica’’. Preferirebbe vedere ‘’viaggiare’’ i soldi verso mete preziose (top-players e strutture locali adeguate).
E’ giocoforza dedurre che i salti di qualità, a partire dall’era Sarri e continuando con la scelta Ancelotti, vanno incentivati nella direzione giusta: la globalizzazione è una strada a senso unico alla quale neanche la gestione societaria del Napoli oggi può sottrarsi. Basta analizzare a fondo i prospetti annuali e previsionali della maggior parte delle società di calcio di medio-grosso calibro per rendersi conto che la tendenza dominante è ormai legata ad alcuni pilastri: attente strategie di marketing operativo, sperimentazione di nuove modalità di comunicazione delle caratteristiche aziendali salienti, personalizzazione esasperata del proprio ‘’marchio’’, joint-venture e partnership ad ampio respiro, acquisti imperniati sulla doppia valenza immagine-resa calcistica. Tutto ciò con un’ottica sia nostrana che oltre confine.
Se pensiamo a tutto questo, ecco che le somme da tirare sono immediate. Ci si deve adeguare, far quadrare tutto considerando il fatto che si deve mettere da parte il ‘’tesoretto garantito’’ (eventuale qualificazione Champions oppure seguito in EL), si deve accantonare per un po’ l’idea della ‘’plusvalenza-paracadute’’, si deve crescere sul piano delle relazioni internazionali, coltivare-emulare idee e progetti che facciano schizzare in alto l’appetito per la piazza Napoli…come tornare a quell’eco che portava il nome di Diego etc.
I soldi freschi non sono garanzia di risultati, ma di sicura programmazione verso una ricerca di crescita qualitativa.
Con Ancelotti in cabina di regia, è chiaro che molti puntavano all’idea di allenatore doc-acquisti di grido. Niente di tutto ciò. L’onestà intellettuale delle scelte societarie del passato si è confermata con la gestione attuale: nessun nome altisonante ma buoni risultati e giovani leve di sicuro interesse.
Per chiudere il cerchio con le prospettive future, parliamo la lingua del tifoso.
Dove sta andando questo Napoli?
Il centrocampo è in emergenza?
Insigne sarà venduto?
Lo stadio sarà migliorato?
Quanti quesiti. Ma per ora atteniamoci ai fatti calcistici. Ancelotti ha lo sguardo lungo e punta dritto verso una sua idea di crescita, che piaccia o meno. Le idee tecnico-tattiche in costante evoluzione globale stanno oscurando i canonici riferimenti ‘’calcio all’inglese, all’italiana etc’’ per lasciare spazio alle scelte dei singoli interpreti (Guardiola, Ancelotti, Sarri, solo per citarne alcuni).
Un abito su misura fatto in casa ma con l’occhio rivolto al mondo dell’oggi e del domani.
Non se ne potrà fare a meno, salvo una serie di scelte autolesioniste e miopi concentrate sul semplice gioco ‘’conti in perfetto ordine’’.
Questa epoca è tramontata.
Gli utili marginali di poche annate vanno rimpiazzati con scelte strutturali a medio lungo-termine. Proprio come il lavoro che ha programmato Ancelotti.
Correre meno ma più intensamente. Tutto è business ma la transizione verso il futuro passa per un’intensità, fatta comunque di cuori e passione…azzurra.
Avanti Azzurri, Avanti…
Marco Melissa
#ForzaNapoliSempre