
A volte mi domando dove sia finito il tifoso di una volta. Quello che non vinceva una beata mazza ma era sempre lì a farsi una ragione di tutto (ma proprio tutto ndr) pur di continuare, imperterrito, a tifare il suo Napoli.
Cinque mesi fa, non cinque anni fa, Napoli salutava quel calcio liquido che stava per spedire tutti in Serie B.
Arriva Gennaro Gattuso e faticosamente, giorno dopo giorno, riesce ad instillare quella consapevolezza nei propri mezzi che sembrava perduta al punto da far intravedere stravolgimenti tali, per l’immediato futuro di questa squadra, che al confronto il meteorite che decretò la scomparsa dei dinosauri sembrava avesse avuto lo stesso impatto di un sasso in uno stagno.
Ma tant’è.
E allora anche la lenta ma costante risalita della china, da parte degli azzurri, culminata con l’eliminazione di fila delle corazzate Lazio, Inter e Juventus – con l’aggravante della sosta forzata del lockdown – e la vittoria della Coppa Italia (e conseguente qualificazione alla fase a gironi della prossima Europa League più la prossima finale di Supercoppa Italiana) appaiono quasi “minimi sindacali” che la squadra doveva alla tifoseria intera.
E’ proprio vero. L’esperienza della pandemia avrebbe dovuto migliorarci.
E invece…
Stì cazzi.
Dopo la sconfitta di giovedì sera tutte le “fanfare” per lo stratega Gattuso, al quale doveva ormai stare stretta la solita logora definizione di grintoso motivatore, e le gesta decantate dei guerrieri azzurri, diventano robusti e convinti cori di disapprovazione per l’allenatore “provinciale” e per la solita squadra di gente non all’altezza del compito.
Insomma, il solito “bambino” che si finisce col buttare insieme all’acqua sporca. L’ennesimo eccesso vissuto stavolta nel tirare tutto giù, ignorando qualsiasi altra ragione.
Ed è proprio da qui, dalla consapevolezza della unicità del nostro ambiente, nel bene come nel male, che ci si rende conto (ma, in fondo, lo abbiamo sempre saputo) che, al di là dei campioni o delle scamorze, qui è davvero un’impresa difficile vincere qualcosa. Peccato che ce lo dimentichiamo spesso e peccato che, pure quando ci capita di festeggiare qualche trofeo, lo si dimentica troppo in fretta per poterne fare tesoro e costruire di lì un qualcosa di diverso.
Evidentemente non è nelle nostre corde. O almeno non ancora.
Giulio Ceraldi
#ForzaNapoliSempre