Non è una esortazione. Tantomeno un implorare il tecnico napoletano a restare.
È una constatazione.
Maurizio Sarri è e si sente un napoletano a tutti gli effetti.
Ama questa città. La accarezza con le sue parole. La difende.
Lui, ultimo dei proletari, che ama il popolo (nella accezione più onnicomprensiva che si possa avere). E il popolo ama lui. Nemmeno le voci su un possibile arrivo di Ancelotti hanno scalfito minimamente questa stima, questo amore.
E non è soltanto il naturale ricambiare un sentimento.
Il popolo napoletano è un “connaisseur”, un intenditore di calcio. I napoletani sanno che Maurizio Sarri è l’unico allenatore in attività capace di spostare gli equilibri al di là degli “esecutori dello spartito”.
Nessuno è come lui. E non è retorica.
Basti riflettere, storicamente, ai giocatori a disposizione dei grandi tecnici del passato e del presente, paragonarli ai nostri (con tutto il rispetto e la stima per questi ultimi) per capire quanto eccezionale sia il lavoro che il nostro tecnico ha fatto nei primi tre anni sulla panchina azzurra.
Un continuo crescendo. Senza interruzioni.
Ora Sarri sa fin dove i suoi uomini possono spingersi e pretende chiarezza sugli obiettivi societari. Maurizio vuole capire se il Napoli può salire l’ultimo gradino che consegna una squadra alla storia. Quegli innesti non facili ma necessari a garantire l’ulteriore perfezionamento, l’ultimo, per poter finalmente arrivare all’argenteria che conta.
Certo, Sarri può andare altrove ed avere quella qualità che probabilmente a Napoli non avrà mai, ma dovrebbe rinunciare a quell’amore che nessun’altra piazza gli garantirebbe. Sarebbe uno dei tanti. Un altro.
E se la schiettezza che lo ha sempre contraddistinto non si è improvvisamente volatilizzata il suo sì lo ha già dato. Non inviti il tuo presidente ed il direttore sportivo a casa tua, se vuoi chiudere i rapporti.
Le risposte sono nei dettagli. Come sempre.
Giulio Ceraldi
#ForzaNapoliSempre