
Inizio oggi con grande piacere la mia collaborazione con questo interessante blog curato da Giulio Ceraldi, che oramai a ragione posso considerare un amico, e non solo un collega giornalista con cui condividere la passione per il calcio.
Mi dispiace che ciò avvenga a margine di una cocente sconfitta del Napoli in quel di Empoli, che ha finito per ridurre al lumicino le residue percentuali di scudetto della squadra di Spalletti, ma finchè la matematica non darà i suoi verdetti, è doveroso giocarsi le prossime partite al cento per cento.
Le presentazioni per i lettori sono d’obbligo: mi chiamo Gianni Gardon, a breve compirò 45 anni, e da più di venti mi occupo di calcio, un numero sufficiente per dire di aver vissuto in prima persona i momenti migliori del calcio italiano, quando i più grandi atleti stranieri facevano a gara per venire ingaggiati dai nostri club, e dove questo sport veniva vissuto e soprattutto gestito in maniera differente, dando spazio ai sentimenti più puri, perdonate l’eccessivo senso di nostalgia.
Tuttavia, l’obiettivo di questa rubrica che andrò a curare è di natura tutt’altro che passatista, anzi, a dire il vero è proprio il contrario, visto che andrò a puntare la mia attenzione su alcuni dei migliori prospetti di proprietà del Napoli in circolazione, a iniziare da quelli coltivati in casa tra le mura amiche.
Sono nato e cresciuto in provincia di Verona e nella mia esperienza posso contare una collaborazione pluriennale con la rivista Il Guerin Sportivo (nel periodo in cui alla direzione c’era il grande Matteo Marani), con il mensile Il Nuovo Calcio (dove dedicai una decina di articoli a quelle squadre che rivoluzionarono il concetto del calcio: dal Grande Torino al Barcellona di Guardiola, passando dall’Olanda degli anni ’70 al Milan di Sacchi ecc.) e prima ancora, quando studiavo all’università, con il mensile Calcio Dilettante.
Da sempre seguo con attenzione i campionati giovanili, italiani e stranieri, e ho avuto modo di dedicare diversi approfondimenti sul tema, attraverso articoli, dossier, report, interviste.
Si discute tanto, a ragione, sul momento di crisi del calcio italiano, ma non me la sento di affermare che sia tutto da buttare e da rifare, o che si stia sbagliando direzione in modo irreversibile: va bene, l’epoca d’oro degli anni novanta, quando ci aggiudicavamo Europei Under 21 in serie (facendo sbocciare in questo modo la generazione di calciatori che poi ci condusse a vincere il Mondiale nel 2006) appare giustamente lontana, ma in questi ultimi cinque anni in realtà gli Azzurrini non si sono disimpegnati male nelle competizioni internazionali.
Nelle ultime due edizioni del Mondiale Under 20, ad esempio, ci siamo fermati in semifinale (con i cicli di giocatori nati nel ‘97/’98 e ‘99/2000); siamo arrivati due volte in finale all’Europeo Under 19 (nel 2016 sconfitti dalla Francia e nel 2018 dal Portogallo solo ai supplementari, in uno spettacolare 4-3 per i lusitani), e due volte abbiamo perso la finale degli Europei Under 17 (sempre per mano dell’Olanda) nelle ultime edizioni della competizione (2018 e 2019, prima della sospensione per la pandemia), con i nati del 2001 e 2002, avendo così accesso all’ultimo Mondiale Under 17 disputato nel 2019, dove abbiamo ben figurato perdendo solo con i futuri campioni del Brasile.
Insomma, all’orizzonte di materiale su cui scommettere e investire ce ne sarebbe, il problema di fondo è che mentre i pari età dei nostri ragazzi si ritrovano precocemente a giocare con i “grandi”, avviando così il proprio percorso professionistico, da noi avviene quasi all’unanimità una sorta di anticamera del grande calcio, che in tanti casi può risultare infinita, col concreto rischio di bloccare intere carriere sul nascere.
In un sistema-calcio, che ci auspichiamo essere finalmente sano e virtuoso, dovrebbe venire compreso e valorizzato lo sviluppo dei settori giovanili, vera e propria linfa sportiva per garantire un futuro roseo alle società appartenenti ad ogni categoria, a iniziare dai livelli più alti. E questo non soltanto per farne il fiore all’occhiello, qualcosa di cui fregiarsi ma per una precisa volontà, quella di considerare cioè il giovane calciatore una risorsa preziosa, in grado non solo di generare plusvalenze (men che meno quelle fittizie) ma di ridare soprattutto un senso diverso al lavoro quotidiano, tenendo conto di cosa possa significare il formarsi un campioncino in casa.
Ogni società calcistica a mio avviso non dovrebbe mai tralasciare quest’aspetto, fermo restando che non si tratta ovviamente di lanciare tutti i giovani del proprio vivaio in prima squadra (questo è utopistico e non è certo richiesto a nessun club, perché poi contano sempre in primis i meriti sportivi e ciò che si dimostra sul campo).
Ritengo sia doveroso però monitorare i talenti, e di fondamentale importanza riuscire a dare loro la possibilità di crescere, di migliorare, finanche di sbagliare, ci mancherebbe, ma almeno che abbiano la possibilità di maturare esperienze, di entrare nel giro dei “grandi”, cullando il sogno di una vita, sin da quando da bambini si calpesta per la prima volta un campo da calcio, vale a dire giocare in serie A.
Questo discorso in un mondo sempre più votato a logiche di profitto e di risultato nell’immediato, potrebbe sembrare fuori luogo, e il sottoscritto facilmente essere tacciato di eccessivo romanticismo nel voler pensare che un giovane talento del vivaio possa giocarsi le sue chance fino a diventare protagonista nel proprio club. D’altronde oggi tutto appare globalizzato e il rovescio della medaglia è che paradossalmente ci si può sentire sradicati dal contesto originario.
Certo, le esperienze positive ovviamente rimangono, ma quante volte abbiamo constatato, nelle più recenti sessioni di mercato, come le squadre preferiscano affidarsi all’usato sicuro, scommettere sul nome esotico o puntare sullo straniero sconosciuto (come se ciò potesse solleticare maggiori entusiasmi nella piazza), anziché investire sul proprio settore giovanile?
Il fenomeno negli ultimi anni sembra essersi oltremodo acuito, nonostante gli appelli e le prese di posizioni della Federazione, specie alla luce delle ultime mortifere esperienze della Nazionale, se escludiamo la splendida vittoria di Euro 2020, a conti fatti rivelatasi la classica rondine che non fa primavera.
È un problema diffuso, quello della scarsa considerazione per i giovani, che specie in Italia tocca un po’ tutti i settori, ma questo è un altro discorso.
Soffermandoci sull’ambito calcistico, non fa eccezione il Napoli, anch’esso alle prese con carenze di talenti nostrani che partendo dalle giovanili arrivino ad affermarsi a grandi livelli.
Eppure, provando a guardare oltre il proprio naso e allargando il cerchio si scoprirà che non tutto è così nero come sembra, nemmeno dalle parti di Castel Volturno e che, al di là di risultati che, dati alla mano, faticano ad arrivare se si valutano i tornei nazionali dall’under 15 alla Primavera, c’è in realtà tutta una schiera di giovani promesse con grandi qualità riconosciute dagli addetti ai lavori, capaci ancora di stuzzicare la fantasia e alimentare la passione di chi quei campetti li conosce, li segue e li frequenta.
E gli appassionati che continuano a seguire con interesse le varie vicende dei protagonisti che hanno terminato il rispettivo iter giovanile, possono facilmente annotarsi chi tra loro sta incontrando difficoltà reali, per i motivi più disparati, nell’impatto con i professionisti, e chi invece fragorosamente sta emergendo, dimostrando le proprie qualità.
Questa rubrica nasce dunque con l’intento di fare luce sui migliori talenti azzurri, quelli su cui mi sento di scommettere ad occhi chiusi, consapevole che le variabili per un’affermazione sono molteplici e tengono conto anche di fattori come infortuni, sfortuna, personalità, carattere, il trovarsi al posto giusto nel momento giusto…
L’esperienza da veterano nel settore (a parte qualificarmi come…non più giovanissimo, visto che anagraficamente parlando potrei essere padre di tutti i protagonisti delle schede che condividerò settimanalmente) mi permette pure di lanciarmi in previsioni rischiando certi azzardi, anche se di sicuro ho imparato che, oltre al puro talento, ci vogliono testa, impegno, passione, sacrificio, umiltà e la voglia di migliorarsi sempre, senza credersi subito arrivati.
In fondo da Napoli sono fioriti autentici campioni come Ferrara, Cannavaro, fino ad arrivare a Lorenzo insigne, quindi perché non pensare che altri giovani nati dal vivaio possano diventare protagonisti con la prestigiosa maglia che fu di Maradona?
Da Alessio Zerbin, rivelazione nel Frosinone, a Gianluca Gaetano che sta trascinando in A la Cremonese, da Alessandro Zanoli che già abbiamo visto titolare in serie A, fino a scandagliare i talenti napoletani impegnati nei campionati giovanili nazionali, la missione è quella di segnalarvi i nomi più promettenti per il futuro del club partenopeo.
L’appuntamento quindi, cari amici lettori de Il Ciuccio sulla Maglia del Napoli, è alla prossima settimana con la prima puntata della nostra rubrica.
Gianni Gardon