La partita di Marco Melissa

Presentazione

– Reazione. Non si chiede altro e non si intravedono alternative.

Il Napoli è chiamato ancora una volta a confrontarsi su due fronti tra loro concatenati: superare i propri limiti d’approccio ed affrontare a testa alta l’avversario di turno.

Questa volta la montagna da scalare si chiama Verona, un avversario statisticamente e pragmaticamente ostico per gli azzurri, che rappresenta l’occasione per dimostrare di saper improvvisare una degna reazione dopo la delusione maturata contro il Milan.

Nel contempo Spalletti ed il suo gruppo sono ben consci che è necessario non perdere colpi e continuare a dare il massimo visto che l’alternanza d’alta classifica è ancora un perenne work in progress.

La squadra di Tudor è pronta a battagliare dal canto suo: il palcoscenico europeo (Europa o Conference League) è nel mirino degli scaligeri ma la strada da percorrere è ancora tanta cosi come è agguerrita e numerosa la concorrenza.

Tirando le prime somme previsionali: sfida tattica o agonismo a viso aperto?

Gli ingredienti fanno propendere per un testa a testa molto tirato su tutti i fronti. Ma procediamo con ordine e passiamo all’analisi dello status delle contendenti al Bentegodi.

NAPOLI ai blocchi di partenza

– Contro una doppia personalità.

E’ qui la sintesi, cruda ma realista, di un Napoli che, a valle di alcune prestazioni, si ritrova ancora a dover lottare, a monte, contro alcune evidenze tecniche, sollevate anche da cori mediatici e finanche frange estreme di tifosi.

Il problema è tutto nella contrapposizione tra una qualità di base dei singoli, indiscutibile, spesso distintiva, che, a volte, si scontra letteralmente con transizioni negative, incomprensibili, che disorientano tutti.

Spalletti è stato chiaro in questa vigilia contro il Verona: il suo obiettivo è infondere nel gruppo la ragionevole e ferrea convinzione che gli scaligeri, come gli avversari che verranno, esigono tutti massima attenzione ai particolari, mai un momento di respiro o freno a mano tirato.

L’inflazionato marchio quale calo di tensione, necessario a spiegare alcuni alti e bassi nei momenti cruciali, oggi, come non mai, suona come una giustificazione di comune dominio che non fa bene alla volontà degli azzurri.

Si badi al sodo e basta.

A parte i sicuri assenti Malcuit e Tuanzebe, ed i due rebus last minute Insigne-Fabian Ruiz, il gruppo è al completo ma, molto probabilmente, si farà turnover rispetto a sette giorni fa. Osihmen è sempre in pole position offensiva nel 4-2-3-1 del tecnico toscano; stavolta le variazioni potrebbero riguardare i trequartisti, con il dubbio Zielinski-Mertens al centro, il rientrante Lozano da una parte e capitan Lorenzo (oppure Ounas) dall’altra.

Ritocchi anche in mediana: Lobotka confermato, Fabian (o Anguissa), ai lati.

Nessuna novità in difesa: Ospina tra i pali, Koulibaly e Rrahmani al centro, Di Lorenzo e Mario Rui ai lati.

Sul piano tattico, l’esperienza potrebbe tornare utile.

Nella gara d’andata, cosi come contro il Cagliari più di recente, gli azzurri devono concentrarsi molto sulla doppia opzione saltare la prima linea di pressing scaligera-incidere con veloci uno-due sulla difesa avversaria a tre.

Se si riesce ad eludere il pressing, cioè l’arma preferita del Verona, cosi come contro i sardi, si può costruire dal basso con maggiore lucidità.

Ma un punto va tenuto in mente: la verticalità offensiva latita se i trequartisti non brillano sul piano della circolazione di palla.

VERONA ai blocchi di partenza

– Entusiasmo.

Le credenziali del Verona parlano da sole: quattro risultati utili consecutivi, tre giocatori con due reti stagionali all’attivo (Barak, Caprari e Simeone) e il sogno europeo a portata di mano.

Tudor non si nasconde ma parla, invece, a suon di fatti: stato di forma lodevole, qualità e propensione offensiva di gran lunga superiore alla gestione tecnica di Juric.

Davanti ai propri tifosi (il Bentegodi avrà un bel seguito sulle gradinate), gli scaligeri punteranno a sfruttare la propria fisicità e, nel contempo, a gestirsi meglio sul piano della tenuta fisica che, a volte, viene a mancare nel finale.

Tudor ha qualche grattacapo difficilmente risolvibile a causa delle defezioni di Lazovic, Barak e Veloso. La carta d’identità però parla chiaro: 3-4-2-1, impostazione aggressiva, intensa e propensa a verticalizzare.

Simeone cercherà di brillare davanti ai tifosi veronesi, spalleggiato da Lasagna e Caprari; si tratta di giocatori lodevoli sul piano del palleggio ma abili anche nell’uno contro uno, tutti elementi che gli azzurri devono prendere in considerazione per arginare le varie iniziative, soprattutto in verticale.

La mediana gioca un doppio ruolo fondamentale: rifornimento centrale inesauribile di Tameze e Ilic, coadiuvati dalle pimpanti corsie esterne Faraoni e Depaoli, nonché copertura supplementare per la difesa.

Al fianco al portiere Montipò, Tudor potrà contare sul collaudato pacchetto difensivo Casale-Gunter-Ceccerini che sono abili nel fare densità centrale.

Dove può incidere il Napoli in modo determinante?

Gli azzurri dovrebbero aggredire anticipando la vena aggressiva degli scaligeri, fare pressing alto, ma soprattutto approfittare del noto calo fisico degli ultimi minuti per cercare la verticalità.

In sintesi

– Non c’è spazio per i soliti fantasmi.

Per tenere testa al Verona, gli azzurri devono mostrare un Dna dalla grande personalità ma, soprattutto, evitare di incorrere nei default sul piano emotivo.

Al Napoli non vanno cucite addosso le etichette di squadra dalle occasioni sprecate o sfide mal approcciate.

Spalletti deve spronare i suoi affinchè mettano in campo tutto ed anche di più, che non tirino mai indietro la gamba, ma anche la dimostrazione che la propria personalità non è frutto di una transizione tecnica ancora da definire.

Il Verona è l’ennesimo ostacolo arduo con il quale testare la tenuta emotiva e fisica di tutto il gruppo.

In buona sostanza ci vuole energia mentale, tanta…

Come sempre, Avanti Azzurri, avanti…

Marco Melissa

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