
Chi se ne importa del mondiale. Chi se ne importa delle amichevoli col pupazzo sulla maglia (e chi se ne importa dei risultati di queste partite-allenamento). Chi se ne importa del mercato che verra’ (se verra’).
Torna il pallone che per noi conta di piu’ (ma con comodo, tra poco meno di due settimane, e poco importa se l’Italia in Qatar non c’era e spagnoli ed inglesi – che invece c’erano – son gia’ partiti con le coppe nazionali due giorni fa’…): quello del campionato.
Non ci vuole un Nobel per l’Economia per scoprire che l’incremento dei prezzi per le partite di cartello (limitandoci alle sole curve), nel computo totale di una stagione, non creano un introito tale da giustificare la misura stessa. Un risultato questi aumenti lo ottengono di sicuro: creano malcontento. E non si puo’ fare il discorso del “se non li hai quei soldi resta a casa e guardatela dal divano” perche’ cosi’ (trattandosi di Napoli, notoriamente fanalino di coda delle citta’ metropolitane per reddito pro-capite) facciamo discriminazione sociale e, francamente, non mi sembra il caso. Soprattutto in questo particolare momento storico.
E allora…perche’? Perche’ si passa da stagioni nelle quali le campagne abbonamenti partono in sordina, altre dove gli abbonamenti non ci sono proprio per finire ad altre ancora dove sembra esistano solamente gli abbonati e chi non puo’ permettersi un abbonamento stagionale, per motivi economici, di tempo o di distanza deve accontentarsi di vedere quello che si puo’ permettere?

Qua non si tratta di voler paragonare il Napoli al Bayern Monaco che mantiene prezzi popolari per l’intera stagione (e non soltanto in curva) ma si tratta di capire quanto il gioco valga la candela.
A me, da tifoso, puo’ far piacere vedere lo stadio gremito ma cio’ che mi rende davvero felice e’ il sapere che tra quei tifosi v’e’ rappresentata la citta’ di Napoli nella sua interezza e non soltanto quella di chi “se lo puo’ permettere”.
Giulio Ceraldi
Forza Napoli. Sempre.