
“CREATO DAI POVERI, RUBATO DAI RICCHI“
Recitava così uno striscione dei tifosi del Club Africain di Tunisi, esposto durante un’amichevole con il ricco PSG.
E poco importa se la storia della nascita di questo sport ci viene raccontata in altri modi, perché il calcio è il gioco più popolare al mondo, dove quel “popolare” non vuol dire solo il più famoso e seguito ma significa soprattutto che è della gente.
Sullo striscione comparivano immagini di ragazzini poveri che giocavano a calcio. Quelle stesse immagini che ci hanno fatto innamorare delle storie di Pelè e di Maradona.
Il calcio dava la sensazione di essere di tutti. Un gioco semplice in cui basta un pallone per essere felici (ho scritto “dava” perché ormai non è più così ndr).
E se i soldi hanno sporcato la pelota in campo, gli spalti erano rimasti puliti, pieni soltanto di passione, dei sogni dei bambini, di chi si sveglia e si addormenta solo con quel pensiero in testa… la sua squadra… sì, sua, perché non è la proprietà di un marchio a farla tua ma l’amore che provi per essa.
E qual è il momento più bello della vita di un tifoso? Una vittoria? L’acquisto di un campione?
No.
E’ quando sali le scale del tuo stadio e sai che stai per vivere il momento più intenso della tua passione. Perché mentre canti e abbracci gli amici, ti sembra di stare in campo a difendere i tuoi colori.
Quante persone al mondo salgono quelle scale con il cuore che batte?!
Mentre saliamo quei gradini siamo tutti uguali, non esiste distinzione di ceto, di aspettative. Ognuno ha fatto sacrifici per poterli salire, pur di vivere quel momento.
Ma ora ci vengono chiesti sacrifici impossibili. Prezzi alti nei settori popolari, multe salate per chi non rispetta il numero di sediolino… sì, perché siamo solo un numero. Un numero al quale corrisponde una cifra che soltanto i “culi ricchi” potranno permettersi di appoggiare sopra.
Lo stadio non è un teatro, ma soprattutto la curva non è un loggione.
Non stai guardando uno spettacolo ma, anzi, ti senti parte di esso. Sei convinto di poter spingere quella palla in rete solo cantando. Quando guardi il campo non vivi soltanto il presente ma ti passano nella mente mille ricordi vissuti lì. A volte c’è il sole che ti brucia, in altre il freddo ti immobilizza…ma niente ti ha mai impedito di essere lì.
E voi volete creare uno stadio muto. Tutti zitti, muti e seduti. Senza cori, senza bandiere, senza abbracci, senza quell’amico accanto a te che ha rinunciato chissà a cosa pur di poter comprare quel biglietto. Senza i bambini dei vicoli, senza le famiglie intere che fanno sacrifici per mettere il piatto in tavola ma che provano ancora a cibarsi dei sogni.
Senza emozioni. Perché noi non siamo lì per vedere un goal. Siamo lì per vivere le tante emozioni intorno a quel gol.
Ecco, quindi, che quello striscione per me diventa Creato per i poveri, rubato dai ricchi… e questo calcio non lo amo più.
Pina Libretto