
Eh vabbè. L’anno è cominciato così. Con una sonora sconfitta ad opera della capolista Inter.
Peccato che l’inizio della partita aveva mostrato tutt’altro. Sembrava che gli azzurri fossero scesi in campo col piglio giusto. E invece…
Tre errori e tre gol avversari.(e potevano essercene anche altri). Troppa sfortuna ma anche troppa leggerezza in questo Napoli rattoppato per l’occasione.
L’anemia realizzativa di questa squadra è ormai dato tragico che ha da tempo oltrepassato la soglia di allerta. Ormai è una sorta di “malattia degenerativa” vera e propria. Con l’Inter abbiamo avuto la riprova che, per ricostruire dalle macerie del dopo-Ancelotti non si può più scommettere su Milik. Il polacco è un buon attaccante ma non va oltre il compitino. E poi non si può vedere un centravanti che colpisce di testa ad occhi chiusi. E’ un’eresia.
Ieri la mancanza di Koulibaly e di Mertens è pesata come un macigno. Lo stesso peso delle false lusinghe sull’acquisto di quel disastro difensivo che risponde al nome di Kostas Manolas. La brutta copia del gigante senegalese che, nella visione distorta di chi lo ha preso, doveva sostituire Albiol. Come a dire di voler sostituire un direttore d’orchestra con un “secondo clarinetto”. Da ricovero.
Insigne, per assurdo, ha giocato, soprattutto la prima frazione, a livelli accettabili e di discreta concentrazione. Nel vivo del gioco, il napoletano ha sfiorato la rete ed assistito i compagni con apprezzabili aperture. Purtroppo anche lui ha finito per naufragare nel marasma generale.
E’ incredibile pensare che questa squadra, in pratica, sta rifacendo la preparazione, da circa due settimane, grazie allo stato pietoso nel quale il nuovo tecnico ha trovato il gruppo al suo arrivo. Roba da giocarsi i numeri.
E’ difficile, oggi, vedere spiragli nel futuro prossimo di questa squadra. Troppe incognite e troppe macerie, fisiche, tattiche e soprattutto psicologiche da rimuovere. Troppa strada da percorrere per ritrovare una condizione accettabile di gioco.
Per il resto, la cornice del San Paolo, di questo San Paolo, così com’è oggi, rispecchia fedelmente lo stato delle cose. Non c’è bisogno di dire altro.
Le contestazioni al presidente di fine partita dalle curve e dai distinti sembrano scandire la fine di un ciclo. E non erano ultras.
Intanto la società, che sa da mesi i problemi del centrocampo, continua a tergiversare nel prendere un giocatore (Lobotka) che non è Pirlo. Quante altre partite dobbiamo perdere prima di registrare la zona nevralgica del campo?
Giulio Ceraldi
#ForzaNapoliSempre