Il Napoli esce ai quarti di finale di Coppa Italia 2017/18.
Testimonianze di intere ciocche di capelli rinvenute nelle strade della città danno l’idea di come i tifosi azzurri abbiano accolto la ferale notizia.
No, siamo seri, non è la fine del mondo uscire da una coppa della quale nessuno se ne importa, anche grazie alle solite politiche tafazziane della FIGC.
Nonostante la necessaria premessa è innegabile l’ennesima prestazione sottotono dell’undici di Sarri. Sì, perché a dispetto di un primato in campionato indiscusso e indiscutibile c’è una evidente e (anche questa) indiscutibile involuzione nel gioco partenopeo che dura ormai da circa due mesi. È questo il vero campanello d’allarme che deve preoccupare la dirigenza tecnica del club azzurro.
Complice l’appannamento di alcuni uomini chiave dello scacchiere sarriano e complice soprattutto l’infortunio di Faouzi Ghoulam, autentica sventura per la fase di spinta dei meccanismi di gioco, il Napoli ha tenuto botta, negli ultimi sessanta giorni, più con le energie nervose (leggasi grinta) che con i rinomati automatismi che lo hanno reso famoso in tutto il mondo. Diciamoci la verità: il Milik visto tra il primo ed il secondo infortunio (quando chiamato in ballo) non ha mai fatto davvero la differenza. Vuoi per un recupero mai completato appieno e vuoi perché l’impiego del centravanti nazionale polacco non è sempre stato impeccabile. Per il nazionale algerino il discorso è completamente diverso. Ghoulam ha nelle sue accelerazioni (ma anche nei suoi ripiegamenti) la chiave della catena di sinistra. Senza di lui quella parte del campo perde il dinamismo, il cambio di marcia e, a tratti, l’esplosività che altri interpreti del suo ruolo, nel Napoli, non hanno.
Questo Napoli è orfano di Faouzi Ghoulam e la sua assenza, unita (come già detto) al calo di condizione dei vari Callejòn, Mertens (finalmente ieri ha segnato di nuovo) e (fino a qualche settimana fa) di Hamsik ha intaccato innegabilmente la brillantezza dei meccanismi di gioco azzurri.
Hysaj più che di un calo di condizione soffre l’abbassamento qualitativo degli automatismi di gioco e mostra in modo più evidente i suoi palesi limiti tecnici. Ora più che mai.
Koulibaly è un marziano se a dirigere la difesa c’è l’ex merengue Albiol. Quando non trova l’iberico al suo fianco il centrale senegalese, prima o poi, la cappellata te la combina.
Di Mario Rui non parlo. Sarebbe come sparare sulla Croce Rossa.
A questo và aggiunto un pool di riserve che evidenzia un divario coi titolari che con gli orobici è apparso a tratti imbarazzante. Il Napoli, il vero Napoli è composto di 13/14 titolari. Il resto sono ripieghi, non ricambi.
L’impiego massiccio del turnover con l’Atalanta ha mostrato tutti i limiti di una squadra (il Napoli ndr) che, in assenza della maggior parte degli artefici del primato in classifica, diventa tremendamente squadra normale e come tale non esattamente irresistibile.
Detto ciò si volta pagina e si guarda (sempre) avanti. Avanti significa Hellas Verona sabato pomeriggio e mini-sosta di campionato per recuperare quella brillantezza necessaria a tirare la lunghissima volata scudetto. Con la speranza che la società operi sul mercato di gennaio per calciatori all’altezza e pronti all’uso. Il resto dovrà farlo (come sempre) Maurizio Sarri. Con la consapevolezza che questa squadra, se i nuovi arrivi saranno di qualità, non può permettersi il lusso di vederli giocare scampoli di partita da marzo/aprile in poi. Per adesso i fatti danno ragione al tecnico: se giocano sempre gli stessi è perché la forbice tecnico/tattica tra titolari e riserve è abissale.
Giulio Ceraldi
#ForzaNapoliSempre