
C’è un momento preciso, nel calcio, in cui l’emergenza smette di essere un problema e diventa un’opportunità. Per il Napoli di Antonio Conte, quel momento potrebbe essere scoccato nella fredda serata del 3 dicembre 2025, tra le pieghe di una partita di Coppa Italia che doveva essere routine e si è trasformata in un poema epico di sofferenza e rivelazione.
Mentre lo Stadio Diego Armando Maradona tirava un sospiro di sollievo collettivo dopo l’interminabile lotteria dei rigori contro il Cagliari, conclusasi con un 10-9 che ha del surreale, negli spogliatoi si consumava un dramma silenzioso che rischia di riscrivere la stagione azzurra. L’infortunio di Stanislav Lobotka non è solo una nota a margine: è un terremoto tecnico. Ma proprio dalle macerie di questo centrocampo decimato, è spuntato un fiore inatteso. Si chiama Antonio Vergara, ha 22 anni, e porta i calzettoni abbassati come i fantasisti di una volta.
La vittoria di Pirro e l’allarme rosso
Per capire il peso specifico della prestazione di Vergara, bisogna prima guardare in faccia la realtà crudele che il Napoli si trova ad affrontare. La vittoria contro il Cagliari ha garantito il passaggio ai quarti, ma il prezzo pagato è stato salatissimo. Durante il riscaldamento, il “computer” del centrocampo azzurro, Stanislav Lobotka, si è fermato. La diagnosi parla di risentimento al tibiale posteriore: niente Juventus, niente Benfica.
Se aggiungiamo questo stop a quello di Billy Gilmour (operato per pubalgia e fuori fino a febbraio) e alla lesione di Frank Anguissa, il quadro è apocalittico. Antonio Conte, l’uomo che ha fatto della solidità la sua bandiera, si ritrova improvvisamente “nudo” nella zona nevralgica del campo proprio alla vigilia della sfida scudetto. È in questo vuoto pneumatico che la “bella prestazione” di Antonio Vergara assume i contorni non solo di una bella notizia, ma di una necessaria ancora di salvezza.
Anatomia di una rivelazione
Contro il Cagliari, in un Napoli infarcito di seconde linee e privo di automatismi consolidati, Vergara non si è limitato a galleggiare. Ha preso il timone. Schierato da Conte in una mediana a due inedita accanto a Elmas, un ruolo che sulla carta avrebbe dovuto esporlo a brutte figure contro la fisicità dei sardi, il ragazzo di Frattaminore ha risposto con la lingua che conosce meglio: quella della tecnica pura.
Il momento che fotografa la sua partita, e forse il suo futuro, è arrivato al 28′ del primo tempo. Su una palla riciclata da corner, Vergara non ha cercato l’appoggio banale. Ha alzato la testa, ha visto il movimento di Lorenzo Lucca e ha lasciato partire un cross che i quotidiani oggi definiscono “millimetrico” e frutto di un “sinistro vellutato”. Quell’assist non è stato un caso; è stato il manifesto di un giocatore che non sente la pressione, o che quantomeno sa mascherarla benissimo dietro quei calzettoni abbassati che sanno di sfrontatezza.
Ma non è solo tecnica. È personalità. Nelle interviste post-gara, Vergara ha ammesso con un candore disarmante di aver avuto “ansia a mille” durante i rigori. Eppure, in campo, ha giocato con la calma olimpica di chi ha studiato dai migliori. “Il mio riferimento era Zielinski”, ha confessato. E si vede. In quel modo di toccare la palla, di cercare sempre la verticalizzazione invece dello scarico orizzontale, c’è l’eco del polacco che ha fatto innamorare Napoli.
Conte e il coraggio della necessità
Antonio Conte non è un allenatore che regala minuti per simpatia. Se Vergara è rimasto in campo per 75 minuti, uscendo tra gli applausi, è perché il tecnico salentino ha visto in lui qualcosa di funzionale. “Bravo, hai dato tutto”, gli ha sussurrato al momento del cambio. Parole semplici, ma che nel vocabolario contiano valgono come un’investitura.
Il tecnico sa che ora dovrà fare di necessità virtù. “Ci sarà da soffrire”, ha ribadito nel post-partita. Ma la sofferenza è più dolce se hai frecce nuove al tuo arco. Vergara ha dimostrato di poter reggere l’urto fisico (pur con qualche sbavatura difensiva nel secondo tempo quando il Cagliari ha alzato i ritmi) e di poter offrire quella qualità nel palleggio che, senza Lobotka, è merce rarissima.
Lo scacchiere tattico: Vergara contro la Juventus?
Arriviamo al dunque. Domenica sera al Maradona arriva la Juventus. Senza i tre tenori del centrocampo, come può Conte utilizzare la sua nuova scoperta?
L’ipotesi più affascinante, ma anche la più rischiosa, è vederlo titolare nel 3-4-2-1. Una coppia McTominay-Vergara sarebbe un inno al calcio propositivo: lo scozzese a fare legna e incursioni, l’italiano a cucire il gioco e lanciare le punte. Sarebbe una mossa coraggiosa, quasi sconsiderata contro la fisicità di gente come Thuram e Koopmeiners, ma forse l’unica capace di garantire un’uscita palla pulita.
Più probabile, tuttavia, è che Conte scelga la prudenza, adattando Elmas in regia, per poi scatenare Vergara nella ripresa. Immaginate la scena: partita bloccata, squadre stanche, e l’ingresso di questo mancino imprevedibile tra le linee bianconere. Vergara potrebbe agire da “grimaldello”, sia da mezzala in un 3-5-2 di emergenza, sia da trequartista puro se il Napoli dovesse inseguire il risultato.
C’è poi il fattore calci piazzati. Con saltatori come Buongiorno e McTominay, avere in campo un piede capace di mettere la palla “col contagiri” è un asset strategico che Conte non sottovaluterà. L’assist per Lucca contro il Cagliari è un avvertimento a Luciano Spalletti: lasciategli spazio sulla trequarti a vostro rischio e pericolo.
È nata una stella (per necessità)?
Il calcio è strano. Se Lobotka non si fosse fatto male nel riscaldamento, forse oggi parleremmo di Vergara solo come di una “buona alternativa” per la Coppa Italia. Invece, l’emergenza lo ha catapultato al centro del villaggio.
La prestazione contro gli isolani ci dice che Antonio Vergara non è più solo una promessa del vivaio o un giocatore da prestare in Serie B per “fare le ossa”. È una risorsa pronta. È un giocatore che ha trasformato l’ansia dei rigori in energia positiva, che ha preso per mano la squadra nel momento più buio.
La sfida contro la Juventus di Spallettone sarà un altro pianeta rispetto al Cagliari, ma il Napoli ci arriva con una certezza in più. In mezzo al deserto degli infortuni, Antonio Conte ha trovato una piccola oasi di talento. Non sappiamo se basterà per battere i bianconeri, ma sappiamo che il ragazzo con i calzettoni abbassati è pronto a prendersi le sue responsabilità. E in tempi di emergenza, questo è già un mezzo miracolo.
Giulio Ceraldi
Forza Napoli. Sempre.
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