New Game XL numero 9

Con l’articolo di oggi mi appresto a concludere anche la seconda edizione della mia rubrica, quest’anno ribattezzata – con una bella intuizione del “capo” Giulio Ceraldi – New Game Xl, e lo faccio parlando di un talento giapponese il cui cognome rievoca senz’altro ricordi nostalgici a tutti gli amanti di un calcio che sentivamo più spontaneo e forse “genuino”… (ma appunto può essere che sia la nostalgia a definirne simili contorni).

Fatto sta che Nakamura, quello che sfoderò gran belle giocate nella Reggina, prima di proseguire brillantemente la sua carriera all’estero (specie al Celtic di Glasgow dove divenne idolo assoluto dei suoi appassionati tifosi), si può a ben definire uno dei migliori interpreti del calcio giapponese, e il calciatore preso in esame oggi un po’ gli si può accostare, e non solo per il caso di omonimia.

Il giovane Keito Nakamura (classe 2000), infatti, come il buon Shunsuke, gioca da trequartista, e fa della tecnica e della velocità le sue armi migliori, quelle capaci di sparigliare le carte quando la partita si fa bloccata, o quello in grado di accendere la luce anche nei momenti più ispirati della sua squadra, nella fattispecie il Lask, che ben si sta disimpegnando nella Bundesliga austriaca, attualmente terza dietro lo Sturm (una delle grandi del calcio austriaco) e il colosso Red Bull Salisburgo, primissimo con nove punti di vantaggio sul diretto inseguitore.

Nessuno però ipotizzava a inizio campionato un Lask capace di competere ai piani alti, e se ciò sta avvenendo lo deve soprattutto al magic moment (che poi ormai sta durando ben più di un momento) del suo astro nascente.

Nakamura ha una peculiarità: riesce a coniugare un innato estro per la giocata al raziocinio tipico del Sol Levante. E’ insomma l’esatto contrario del talento tutto genio e sregolatezza, e vederlo giocare ti trasmette felicità, proprio la stessa che lui prova accarezzando un pallone nel rettangolo verde di gioco.

Ma al di là delle good vibrations che il Nostro sa emanare, dopo la consueta anticamera fatta di trafila giovanile nei licei sportivi giapponesi (un viatico importante da quelle parti per formare futuri calciatori professionisti) e i precoci approcci positivi in prima squadra in Patria al Gamba Osaka, in questa stagione per lui parlano i numeri, davvero importanti, che lo stanno imponendo all’attenzione generale.

Se già erano bastate in fondo poche apparizioni nella J-League (24 presenze all’età di 18 anni) per farlo entrare nelle grazie dei club europei – un primo step fu rappresentato dalla Eredivisie, col suo passaggio al Twente – ecco che già squadre come il Lipsia iniziavano a bussare alla porta, incuriosite da quella scintilla bionda di talento che scorrazzava in campo dispensando pregevoli giocate ma mai fini a se stesse.

Già capace d’altronde di mettere insieme 8 gol in 12 presenze con la selezione Under 17 del suo Paese, Nakamura dava l’idea di poter ripetere anche da professionista certi numeri sotto porta, dando maggior concretezza in fase offensiva.

E’ stato necessario un rodaggio, nella stagione 2021/22, la prima nel campionato austriaco, ma quest’anno Nakamura sta esplodendo: sono infatti ben 10 le reti siglate in appena 18 presenze, alle quali vanno sommati ben 5 assist vincenti (oltre ad altri 3 gol in 4 presenze nella Coppa d’Austria).

Una crescita improvvisa e giunta magari in maniera inaspettata ma che non lascia stupiti addetti ai lavori che già lo stavano seguendo da un po’, in particolare chi come Ted Van Leeuwen (talent scout che in passato scoprì giocatori come Mertens e Gosens) che in tempi non sospetti, quando giocava ancora nelle giovanili giapponesi lo definì il più grande talento nipponico della sua generazione.

A livello tattico il suo exploit sotto porta lo si potrebbe ascrivere a una maggiore libertà d’azione concessagli quest’anno, che lo ha portato sovente ad agire da primo riferimento offensivo, seppur atipico – da cosiddetto falso nueve – ma in generale a mio avviso il suo estro viene valorizzato al meglio da attaccante esterno, meglio a sinistra dove facilmente può convergere col suo piede forte, il destro.

Tuttavia l’idea che si ha di lui vedendolo giocare è che possa ben figurare in ogni zona dell’attacco, facendo oltretutto dell’imprevedibilità (e della costanza di rendimento) la sua arma migliore.

Gianni Gardon

 

 

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