
Un vecchio adagio calcistico dice che le partite più difficili non sono le finali, ma quelle che vengono subito dopo. Immaginate la scena: siete appena tornati da Riyadh, avete sollevato la Supercoppa Italiana sotto i riflettori internazionali, l’adrenalina è ancora in circolo e le gambe sono pesanti per il viaggio intercontinentale. Poi, la domenica successiva, vi ritrovate nella nebbia della Pianura Padana, allo Stadio Giovanni Zini, contro una Cremonese che ha un disperato bisogno di punti salvezza.
È la classica “trappola”. Quella in cui cadono le grandi squadre che si sentono appagate. Ma il Napoli di Antonio Conte, versione 2025-2026, sembra immune all’appagamento. La vittoria per 0-2 di questo pomeriggio non è stata solo una dimostrazione di forza tecnica, ma un manifesto di resilienza mentale.
Il “demone” danese: Hojlund si prende la scena
Con Romelu Lukaku ai box, la domanda che serpeggiava tra i tifosi e gli addetti ai lavori era lecita: chi terrà su la squadra? Chi farà a sportellate con i difensori rocciosi di Davide Nicola? La risposta ha il volto giovane e feroce di Rasmus Hojlund.
L’attaccante danese non si è limitato a sostituire, per l’ennesima volta, il belga; ha interpretato il ruolo in modo diverso, forse più congeniale a una partita che richiedeva strappi improvvisi piuttosto che il gioco statico di sponda. La sua doppietta è un compendio di opportunismo e tecnica.
Il primo gol, arrivato al 13′, è istinto puro: leggere una carambola in area quando tutti gli altri sono fermi a guardare è una dote che non si allena. Il secondo, allo scadere del primo tempo, è frutto di movimento e freddezza su assist di un sontuoso McTominay.
Hojlund è stato definito una “furia” dalla critica odierna, un giocatore che sta trasformando la sua irruenza giovanile in concretezza clinica. Conte lo ha elogiato nel post-partita dicendo che ha “margini di crescita altissimi”, un avvertimento che suona minaccioso per le difese avversarie: se questo è solo l’inizio, cosa vedremo tra un anno?
La chiave tattica: Come annullare Jamie Vardy
Se Hojlund si è preso la copertina, il lavoro sporco che ha permesso al Napoli di mantenere la porta inviolata merita un capitolo a parte. La Cremonese si presentava con una coppia d’attacco insidiosa: la mobilità di Sanabria e l’esperienza infinita di Jamie Vardy. L’inglese, nonostante l’età, è ancora uno dei migliori al mondo ad attaccare la profondità alle spalle dei difensori.
Qui è salito in cattedra Amir Rrahmani. Il centrale kosovaro ha giocato una partita “vecchia scuola”: marcatura a uomo, fisica, asfissiante. Ha tolto a Vardy l’ossigeno e lo spazio per le sue famose accelerazioni.
Ma non è stato solo un duello individuale. È stato il sistema a funzionare. Scott McTominay ha agito da tuttocampista moderno: un momento era a schermare la difesa, quello dopo era nell’area avversaria a sfiorare il gol o a servire assist. È questa fluidità — un 3-4-2-1 che diventa 3-3-4 in fase offensiva — che ha mandato in tilt il rigido 3-5-2 di Nicola.
Lo “sliding door”: Quel contatto Zerbin-Rrahmani
Ogni partita ha un momento che potrebbe cambiare la storia. Per Cremonese-Napoli, questo momento è arrivato al 27′ minuto, sul punteggio di 0-1.
Alessio Zerbin, l’ex di turno con il dente avvelenato, entra in area e finisce a terra dopo un incrocio con Rrahmani. Lo stadio Zini esplode chiedendo il rigore. Sarebbe stato l’episodio capace di riaprire tutto, di mettere pressione psicologica a un Napoli fin lì in controllo.
L’arbitro Mariani lascia correre, e il VAR conferma. Perché? Rivedendo le immagini, si nota come sia l’attaccante a cercare il contatto trascinando la gamba verso il difensore, che invece prova a ritrarsi. Una decisione al limite, di quelle che fanno discutere i bar sport per settimane, ma che certifica anche la lucidità dei difensori azzurri nel non commettere falli ingenui in zone rosse.
Il giallo nel giallo: Il post (ex tweet) enigmatico di De Laurentiis
Non esiste una domenica tranquilla senza un tocco di “drama” presidenziale. Pochi minuti dopo il fischio finale, Aurelio De Laurentiis ha postato i suoi complimenti alla squadra, aggiungendo però una frase criptica: “Mi sono molto ‘divertito’ con il commento di Sky…”.
Il paradosso? La partita in Italia era trasmessa in esclusiva su DAZN.
Cosa voleva dire il patron?
L’errore voluto: Una stoccata ironica a DAZN, citando il competitor come per sminuire l’importanza della piattaforma streaming con cui ha avuto frizioni sui diritti TV in passato?
Il riferimento ai locali: Forse ADL ha visto la partita in un locale pubblico (dove viene trasmessa via satellite da Sky Business) e non ha gradito la telecronaca?
Qualunque sia la verità, De Laurentiis sa come tenere alta l’attenzione mediatica, spostando i riflettori dalle questioni di campo (e proteggendo magari la squadra) per puntarli su se stesso e sulla narrazione mediatica del suo club.
Uno sguardo alla classifica: Il 2026 sarà l’anno della verità?
Con questa vittoria, il Napoli chiude un 2025 da incorniciare (Scudetto + Supercoppa) e si lancia nel nuovo anno con una classifica che fa sognare:
Milan 35
Napoli 34
Inter 33 (scavalcata)
Siamo di fronte a un campionato serratissimo. Il Napoli è padrone del proprio destino, a un solo punto dalla vetta.
Conte, nel post-partita, ha giocato la carta del pompiere: “Strutturalmente non siamo ancora pronti a comandare, ogni vittoria è straordinaria”. È la sua strategia preferita: togliere pressione ai suoi ragazzi e caricarla sulle rivali. Ma chi ha visto la partita di oggi sa che il Napoli è pronto eccome.
Ha vinto soffrendo quando serviva, colpendo con cinismo e gestendo le energie nel finale. Se questa è la squadra “non pronta”, il resto della Serie A dovrebbe iniziare a preoccuparsi seriamente.
La sorpresa: La maturità difensiva post-viaggio intercontinentale.
Il momento: Il secondo gol allo scadere del primo tempo che ha tagliato le gambe alla Cremonese.
Il Napoli saluta il 2025 dallo specchietto retrovisore del Milan, pronto al sorpasso.
Giulio Ceraldi
Forza Napoli. Sempre.
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