La nostra locandina

Le luci  dell’Al-Awwal Park Stadium di Riyadh non illumineranno solo una semplice finale. Lunedì sera, in Arabia Saudita, andrà in scena uno scontro ideologico prima ancora che sportivo. Da una parte il Napoli di Antonio Conte, una corazzata costruita sulla solidità e sulla ferocia delle transizioni; dall’altra il Bologna di Vincenzo Italiano, una squadra che ha fatto dell’intensità e del dominio del gioco la sua religione, ma che arriva all’appuntamento con il fiato corto e le ossa rotte.
Se il calcio fosse solo una questione di numeri, il pronostico sarebbe già chiuso in cassaforte. Ma le finali sono ecosistemi a parte, dove la tattica si mischia alla psicologia e alla resistenza fisica. Ecco l’analisi di ciò che potremmo vedere in campo.

Due percorsi, due velocità: Il fattore fisiologico

La prima chiave di lettura di questa finale risiede nel calendario e nel dispendio energetico delle semifinali. Il Napoli arriva all’atto conclusivo con un vantaggio logistico enorme: ha giocato giovedì, sbrigando la pratica Milan con un 2-0 chirurgico nei novanta minuti, firmato da Neres e Højlund. Conte ha potuto gestire i cambi, risparmiando minuti preziosi ai suoi tenori nel finale di gara.
Il Bologna, al contrario, ha vissuto un venerdì di passione contro l’Inter. Sotto dopo due minuti, la squadra di Italiano ha dovuto rincorrere, lottare e soffrire fino ai calci di rigore per strappare il pass per la finale. Sebbene il regolamento della Supercoppa non preveda i tempi supplementari (si va direttamente ai rigori dopo il 90’), l’intensità nervosa e fisica spesa dai rossoblù è stata massimale. A questo si aggiunge il differenziale di recupero: il Napoli ha avuto 24 ore di riposo in più, un’eternità nel calcio moderno, specialmente quando si gioca a questi ritmi.

Napoli: La macchina da guerra di Conte

Antonio Conte ha plasmato questo Napoli a sua immagine e somiglianza. Dimenticate il palleggio estetico: questo è un Napoli verticale, fisico e spietatamente cinico.

Il sistema: 3-4-2-1

La difesa a tre è il bunker da cui parte tutto. Di Lorenzo, Rrahmani e Juan Jesus (o Buongiorno) formano una linea che diventa a cinque in fase di non possesso, con Politano e Spinazzola che si abbassano puntualmente. Ma è in mezzo al campo che il Napoli vince le partite: la coppia Lobotka-McTominay offre un mix perfetto di geometria e potenza. Lo scozzese, in particolare, è l’arma tattica per eccellenza: i suoi inserimenti senza palla scombinano le marcature avversarie, agendo quasi da attaccante aggiunto.

L’attacco: Velocità pura

David Neres si è preso la scena con 4 gol e 4 assist stagionali, diventando il fulcro creativo. Davanti a lui, Rasmus Højlund è in uno stato di grazia: la sua capacità di attaccare la profondità è la minaccia numero uno per la difesa alta del Bologna. Non è un caso che sia stato lui a chiudere la semifinale contro il Milan, bruciando la difesa rossonera in campo aperto. Romelu Lukaku, rientrato ma non ancora al top, sarà l’arma di riserva da scatenare nell’ultima mezz’ora per tenere palla e far salire la squadra.

L’incognita Beukema

L’unica vera preoccupazione per Conte riguarda Sam Beukema. Il difensore olandese, grande ex della partita (arrivato dal Bologna per 30 milioni), ha subito un trauma contusivo al piede in allenamento ed è in forte dubbio. Se non dovesse farcela, la linea difensiva perderebbe un elemento chiave per la costruzione dal basso, costringendo Conte a ripiegare su soluzioni meno tecniche.

Bologna: Il coraggio e l’emergenza

Il Bologna di Italiano è una squadra che non sa speculare. Anche contro l’Inter, sotto di un gol a freddo, ha continuato a macinare gioco, trovando il pari con Orsolini e resistendo fino ai rigori grazie alle parate di Ravaglia. Tuttavia, la finale presenta un conto salatissimo in termini di assenze.

Il bollettino di guerra

La semifinale ha lasciato ferite profonde. Federico Bernardeschi ha riportato la frattura della clavicola e sarà fuori per settimane. La sua assenza toglie al Bologna l’unico vero raccordo tecnico tra centrocampo e attacco. A questo si aggiunge l’indisponibilità di Remo Freuler, il “cervello” del pressing, e di Nicolò Casale in difesa.

Il piano tattico: 4-2-3-1 Liquido

Senza i suoi pilastri, Italiano dovrà reinventare la mediana. Probabile l’impiego di Moro e Pobega, due giocatori fisici ma meno abili nella gestione dei tempi rispetto allo svizzero. In attacco, tutto il peso creativo graverà sulle spalle di Riccardo Orsolini, rigorista infallibile e unico in grado di saltare l’uomo con costanza. Al centro dell’attacco ballottaggio tra Castro e Immobile, con quest’ultimo che ha segnato il rigore decisivo in semifinale e potrebbe garantire quell’esperienza necessaria in gare secche.
La strategia sarà chiara: pressing ultra-offensivo per impedire al Napoli di ragionare. Ma è una strategia ad altissimo rischio. Se la prima linea di pressione salta, il Bologna si ritroverà con la difesa a centrocampo contro la velocità di Højlund e Neres. È qui che si deciderà la partita.

I duelli chiave della finale

Lobotka vs Il pressing del Bologna
Il Bologna cercherà di schermare Lobotka con il trequartista (probabilmente Odgaard o Ferguson). Se lo slovacco riuscirà a eludere la marcatura e a girarsi, si apriranno praterie per il Napoli. Senza Freuler a chiudere le linee di passaggio, la mediana rossoblù rischia di andare in apnea contro la fisicità di McTominay.
Orsolini vs Spinazzola
L’unica vera fonte di gioco del Bologna passa dalla fascia destra. Orsolini dovrà puntare Spinazzola (che è apparso solido ma ammonito contro il Milan) nell’uno contro uno. Se Conte ordinerà il raddoppio sistematico, il Bologna potrebbe trovarsi sterile e incapace di entrare in area.
Højlund vs La linea alta
Questo è il mismatch che tiene sveglio Italiano la notte. La coppia centrale Lucumí-Heggem (o Miranda adattato) dovrà difendere con 40 metri di campo alle spalle. Contro un velocista come Højlund, basta un errore di posizionamento o un ritardo nel scappare all’indietro per subire gol.

L’arbitro e le variabili

La designazione di Andrea Colombo per la finale è un segnale preciso. Parliamo di un arbitro severo, che non tollera perdite di tempo e falli tattici. Questo potrebbe penalizzare il Bologna, il cui stile di gioco aggressivo si basa spesso sul fallo sistematico per interrompere le ripartenze avversarie. Attenzione ai cartellini gialli precoci per i mediani rossoblù, che potrebbero condizionarne l’aggressività.

Analizzando freddamente i dati, il Napoli ha un vantaggio strutturale evidente.
Condizione atletica: +24h di riposo e una semifinale vinta senza affanni.

Il Bologna senza Bernardeschi, Freuler, e Casale (e con Skorupski soltanto in panchina, contro l’Inter) perde la sua spina dorsale.
Il Napoli è maestro nel colpire le squadre che lasciano spazi, e il Bologna, per sua natura, ne lascia molti.
Il Bologna avrà bisogno di un miracolo sportivo: una partita perfetta di Ravaglia (già eroe contro l’Inter) e un cinismo estremo sulle palle inattive. Ma in una gara secca, la solidità difensiva del Napoli (0 gol subiti in semifinale, difesa bunker) sembra l’argine perfetto contro l’entusiasmo un po’ caotico dei felsinei.
Previsione: Il Napoli lascerà il possesso al Bologna (prevedibile un 40-60%), attenderà l’errore in costruzione e colpirà in verticale. Se il Bologna non segna nei primi 20 minuti, la trappola di Conte scatterà inesorabile.

Giulio Ceraldi

Forza Napoli. Sempre.

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