Immagine dal promo dell’intervista a McTominay

C’è un momento preciso in cui la carriera di un calciatore smette di essere una sequenza di partite e diventa una narrazione. Per Scott McTominay, quel momento non è stato un gol, né un trofeo sollevato al cielo. È stato un pomeriggio qualsiasi a Napoli, trascorso a parlare per venticinque minuti con il suo giardiniere in un italiano stentato ma coraggioso. In quello scambio di parole semplici, tra un accento scozzese e la cadenza partenopea, si nasconde il segreto di una delle rinascite calcistiche più affascinanti degli ultimi anni.
Siamo abituati a giudicare i calciatori dai numeri. E i numeri di McTominay nella stagione 2024/25 sono impressionanti: uno Scudetto vinto da protagonista, 13 gol stagionali, un valore di mercato schizzato a 50 milioni di euro e un incredibile 18° posto nella classifica del Pallone d’Oro. Ma per capire davvero come il ragazzo “timido” di Manchester sia diventato “McFratm” – il fratello adottivo di Napoli – dobbiamo guardare oltre le statistiche. Dobbiamo guardare all’uomo, alla sua scienza e al suo cuore.

Il palcoscenico: “Kickin’ It” e l’arte dell’intervista

Queste rivelazioni non arrivano da una conferenza stampa frettolosa, ma da una conversazione intima e profonda avvenuta negli studi di CBS Sports Golazo, il network americano che sta ridefinendo il racconto calcistico globale. L’intervista è andata in onda su “Kickin’ It“, un format innovativo che si distingue per il suo approccio “senza filtri”, progettato per mostrare il lato umano e relazionale delle stelle del calcio, lontano dalla retorica standardizzata delle zone miste.
A condurre l’incontro non c’era una giornalista qualunque, ma Kate Abdo. Nata a Manchester (proprio come McTominay ha speso anni a formarsi lì), la Abdo è una delle figure più autorevoli del giornalismo sportivo internazionale. Nota per la sua straordinaria competenza linguistica — parla fluentemente quattro lingue: inglese, tedesco, francese e spagnolo — e per la sua capacità di mettere a proprio agio i giganti dello sport, da Thierry Henry a Tyson Fury. La sua conduzione su CBS, spesso affiancata da ex campioni come Clint Dempsey e Charlie Davies, ha creato un ambiente in cui McTominay si è sentito libero di abbassare la guardia, trasformando un’intervista sportiva in una confessione personale sulla resilienza e l’identità.

L’addio necessario: Quando i bilanci decidono i destini

L’estate del 2024 verrà ricordata dai tifosi del Manchester United come il momento in cui la logica finanziaria ha sconfitto il sentimento. Dopo 22 anni in maglia rossa, McTominay è stato venduto. Non perché non fosse all’altezza – aveva appena segnato 10 gol nella sua ultima stagione in Premier – ma perché le regole del Profit and Sustainability (PSR) rendono i giocatori del vivaio “puro profitto” a bilancio.
Durante il colloquio con Kate Abdo, Scott ha parlato di quell’addio con una maturità disarmante: nessuna polemica, nessun rancore, solo la consapevolezza che il calcio è anche un business. Eppure, c’è una verità che McTominay ci tiene a sottolineare: il mito secondo cui i giocatori migliorano automaticamente appena lasciano lo United è falso. “È una scusa troppo facile”, ha detto. La verità è che a Napoli ha trovato qualcosa che a Manchester mancava da tempo: la continuità e un ambiente che non aspetta il primo errore per metterti in croce. Lontano dalla lente d’ingrandimento tossica dei media inglesi, Scott ha potuto finalmente respirare.

McFratm”: Un amore viscerale

L’impatto con Napoli è stato, nelle sue stesse parole, qualcosa che “ti entra dentro”. Napoli non è una città per tiepidi. O ti rigetta, o ti ama alla follia. Con McTominay, è stato amore a prima vista. I tifosi hanno visto in quel ragazzo alto e dinoccolato, che non tira mai indietro la gamba, lo spirito guerriero che la città idolatra.
Il soprannome “McFratm“, nato quasi per caso, è diventato il simbolo di questa adozione. Non è raro vedere pizze dedicate a lui nei menu del centro storico. Ma è l’approccio di Scott ad aver fatto la differenza. Invece di chiudersi in una villa a Posillipo circondato da traduttori, si è immerso nella cultura. Ha studiato l’italiano con disciplina monastica, ha abbracciato la dieta mediterranea (sostituendo il grigio clima inglese con il sole e il pesce fresco del Golfo) e ha capito che a Napoli il calcio non è uno sport, ma una religione laica. Quel discorso con il giardiniere citato nell’intervista non era solo pratica linguistica; era un atto di rispetto verso la terra che lo ospitava.

La cura Conte: Tattica e “fuoco”

Se Napoli gli ha dato l’amore, Antonio Conte gli ha dato lo scopo. Per anni, in Inghilterra, ci si è chiesti: “Cos’è McTominay? Un mediano? Un trequartista?”. Conte ha cancellato i dubbi trasformandolo nella mezzala d’assalto definitiva.
Il tecnico leccese ha visto in lui una caratteristica unica: la capacità di leggere gli spazi vuoti. Nel sistema meccanico e perfetto di Conte, McTominay non deve preoccuparsi di costruire gioco dal basso (ci pensano Lobotka o Gilmour); il suo compito è inserirsi, come una lama nel burro, nelle difese avversarie.
I dati sono eloquenti: nella stagione dello Scudetto, McTominay ha toccato palla nell’area avversaria più del 95% dei centrocampisti della Serie A. Non gioca con gli attaccanti; spesso è l’attaccante aggiunto. Conte, con il suo “fuoco” interiore che Scott descrive a Kate Abdo con ammirazione quasi reverenziale, ha trasformato l’energia grezza dello scozzese in un’arma tattica letale.

Il “Recovery Geek”: La scienza dietro la longevità

Ma il talento e la tattica non bastano nel calcio moderno, dove si giocano 60 partite l’anno. Qui entra in gioco il lato “nerd” di McTominay. Nell’intervista a Kickin’ It, si è definito un “Recovery Geek”, un ossessionato del recupero.
Mentre molti colleghi passano il tempo libero alla console, Scott ha trasformato casa sua in un laboratorio di bio-hacking:
Luce Rossa: Utilizza la terapia a luce rossa (Red Light Therapy) cinque volte a settimana per rigenerare le cellule muscolari e ridurre l’infiammazione.
Blocco Luce Blu: La sera indossa occhiali speciali per bloccare la luce blu degli schermi, permettendo al suo corpo di produrre melatonina e garantendo un sonno profondo e riparatore.
Sistema nervoso: Ha imparato a “spegnere” il sistema nervoso, riconoscendo che lo stress mentale brucia tante energie quanto una corsa di 90 minuti.
Quando gli chiedono dei calendari troppo affollati, la sua risposta è da leader vero: “Guardate Messi e Ronaldo. Loro lo hanno fatto per 15 anni. Niente scuse”. È questa mentalità che gli ha permesso di essere sempre disponibile, sempre pronto, mentre altri crollavano.

Il mondo ai suoi piedi: Pallone d’Oro e Mondiali 2026

Il culmine di questo percorso è arrivato con una notizia che, solo due anni fa, sarebbe sembrata uno scherzo: Scott McTominay candidato al Pallone d’Oro. E non solo candidato: 18° posto finale, davanti a stelle come Lautaro Martinez e Jude Bellingham. Certo, c’è stato il voto “patriottico” del giurato scozzese John Greechan che lo ha messo al primo posto, ma il rispetto internazionale è reale.
Ora, l’obiettivo si sposta oltre l’Oceano. Con la Scozia qualificata per i Mondiali 2026 grazie anche a quel suo gol iconico in rovesciata – un’opera d’arte che i tifosi volevano “appendere al Louvre” e che ora è esposta alla National Galleries of Scotland  – McTominay si prepara alla sfida più grande. Il sorteggio non è stato tenero: Brasile, Marocco e Haiti. Ma Scott non ha paura. Visualizza il successo, immagina la gioia dei suoi nonni sul divano di casa mentre segna, e trasforma quella visione in realtà.

La lezione della “via di mezzo”

Cosa possiamo imparare dalla storia di Scott McTominay? Forse la lezione più importante non riguarda il calcio, ma la vita. Scott parla spesso della “middle ground“, la via di mezzo: non esaltarsi troppo quando vinci, non deprimerti troppo quando perdi.
In un mondo che vive di estremi, di hype istantaneo e di critiche feroci, McTominay ha trovato il suo equilibrio. Ha lasciato la comfort zone di Manchester, ha abbracciato una nuova cultura, ha usato la scienza per migliorare il suo corpo e ha seguito un maestro esigente come Conte per affinare la sua mente.
Oggi, Scott McTominay non è più un “ex United”. È il Re di Napoli, l’eroe di Scozia e uno dei centrocampisti più forti del mondo. E la sensazione è che il meglio debba ancora venire.

Giulio Ceraldi

Forza Napoli. Sempre.

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