La copertina dell’articolo pubblicato sul Guardian

Stamattina, su queste pagine, vi parlavo di un paradosso: quello delle “Luci a Riyadh” che rischiano di trasformarsi in “buio in infermeria”. Scrivevo di come la corsa all’oro della Supercoppa in Arabia Saudita rappresenti un incasso immediato ma un debito differito sulla salute dei giocatori. Nemmeno il tempo di pubblicare, e nel pomeriggio il The Guardian ha rilasciato un’analisi, a firma di Matt Hughes, sul report Howden (più precisamente Howden Group Holdings è un grande gruppo internazionale di intermediazione assicurativa che possiede una divisione specializzata in Sport & Entertainment) che non solo ci dà ragione, ma trasforma i nostri timori in una sentenza contabile inappellabile.
Se volete sapere cosa rischia il Napoli accettando ritmi insostenibili per qualche milione di euro, non serve la sfera di cristallo. Basta guardare cosa sta succedendo al Chelsea. E no, il fatto che loro siano giovani e noi “esperti” non ci salva. Anzi: potrebbe essere la nostra condanna.

La prova del nove: Il dato del 44%

Mentre noi discutevamo dell’opportunità di spezzare la stagione per volare in Medio Oriente, il report britannico ha scoperchiato il vaso di Pandora. Il Chelsea, reduce dalla partecipazione al Mondiale per Club (una competizione che per stress logistico e climatico è la sorella maggiore della nostra Supercoppa), ha registrato un aumento degli infortuni del 44% tra giugno e ottobre rispetto alla stagione precedente.
Il report ha censito ben 23 infortuni per i Blues in soli cinque mesi. Di questi, sette si sono verificati proprio durante il torneo negli Stati Uniti. È la dimostrazione empirica che quando si spinge il corpo oltre il limite fisiologico per esigenze di marketing, il corpo presenta il conto.

Il paradosso dell’anagrafe: Perché Napoli rischia più del Chelsea

Qui però serve una distinzione fondamentale, che rende la situazione del Napoli paradossalmente più critica di quella londinese. Qualcuno potrebbe obiettare: “Ma il Chelsea è una squadra di ragazzini che corrono a mille all’ora, il Napoli è una squadra matura, gestita da Conte”.
Vero. Ma i dati medici ci dicono che è proprio questo il problema.
Il Chelsea ha pagato dazio con la frequenza degli infortuni sui suoi under-21 (che secondo il report si rompono ogni 120 minuti di gioco intenso ), ma il Napoli rischia sulla gravità e sui tempi di recupero.
Con un’età media di 29,56 anni (la più alta della Serie A e della Champions League), la rosa azzurra non ha l’elasticità di quella inglese.
Il report Howden denuncia che ai giocatori sono stati concessi solo 20 giorni di riposo dopo il torneo internazionale. Se 20 giorni sono pochi per un ventenne, per un trentenne sono un’inezia. Un corpo “maturo” come quello di Anguissa, Lobotka o Juan Jesus ha bisogno di tempi fisiologici più lunghi per smaltire l’acido lattico e riparare i micro-traumi ai tendini.
Costringere i nostri veterani a voli intercontinentali e partite ravvicinate a Riyadh non causerà forse l’infortunio “esplosivo” del ragazzino, ma accelererà l’usura strutturale. E quando si rompe un veterano, non sta fuori due settimane: sta fuori due mesi.

L’illusione dei ricavi: Lo stipendio dei “Titolarissimi”

C’è poi l’aspetto puramente economico. L’analisi Howden calcola il costo degli infortuni basandosi sugli stipendi pagati a vuoto (£17 milioni persi dal Chelsea in pochi mesi ).
Nel calcio, l’equazione è quasi sempre la stessa: Più esperienza = Stipendio più alto.
Se il Chelsea perde un giovane della primavera aggregato, il danno economico è contenuto. Se il Napoli perde un “titolarissimo” da 4-6 milioni l’anno, il “tassametro” delle perdite gira all’impazzata.
Il report ci dice che il Chelsea ha bruciato quasi un quarto del montepremi del torneo in stipendi a vuoto. Applicando questa proporzione al Napoli: vale la pena incassare il gettone della Lega per la Supercoppa, se poi dobbiamo spendere la stessa cifra (o di più) per pagare lo stipendio a vuoto di un top player fermo ai box per l’usura accumulata nel deserto?
Maresca aveva 5 difensori out. E Conte?
Infine, c’è la questione della profondità. Enzo Maresca, tecnico del Chelsea, ha citato esplicitamente l’impatto del torneo quando si è ritrovato senza cinque difensori contemporaneamente, perdendo tre partite di fila.
Ma Maresca, nel caos di una rosa extralarge, ha potuto comunque fare “5 cambi” contro l’Atalanta attingendo a un serbatoio infinito di giovani.
Antonio Conte non ha questo lusso. Il Napoli è costruito su un blocco granitico di 13-14 fedelissimi. La nostra “coperta” è corta per scelta e necessità. Se l’epidemia di infortuni (+44%) che ha colpito il Chelsea dovesse replicarsi a Castel Volturno, non avremmo cinque riserve pronte. Avremmo una voragine tecnica.
Maresca ha definito quei giorni come le sue “peggiori 48 ore”. Per noi, perdere contemporaneamente due o tre leader della vecchia guardia (quelli che tengono in piedi lo spogliatoio e la tattica) significherebbe compromettere la corsa Scudetto.

Stamattina scrivevo di “Luci e Buio”. Stasera, i numeri del Chelsea ci dicono che il buio è molto più profondo di quanto pensassimo.
La trappola per il Napoli è doppia: abbiamo i rischi di logoramento del Chelsea, ma applicati a corpi che per anagrafe richiedono più cura e a bilanci che non possono permettersi di pagare stipendi “a vuoto” ai propri top player.
I 17 milioni persi dai londinesi  sono il monito: la vera vittoria, quest’anno, non sarà alzare una coppa a Riyadh, ma riuscire a riportare i nostri “vecchi leoni” a casa sani. Perché nel calcio moderno, la salute è l’unico vero asset che non si può comprare.

Giulio Ceraldi

Forza Napoli. Sempre.

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