Richard Ríos

C’è una sottile linea rossa che separa la sfortuna dalla mancanza di struttura, e ieri sera, nel catino ribollente dell’Estádio da Luz, il Napoli di Antonio Conte ha camminato pericolosamente su quel confine, finendo per inciampare. Il 2-0 inflitto dal Benfica non è solo un risultato numerico, ma la fotografia nitida di due momenti storici opposti: da una parte la rinascita tattica e nervosa di una squadra guidata da un vecchio “volpone” come José Mourinho; dall’altra, le crepe strutturali di un Napoli arrivato a Lisbona con le gomme a terra e le idee annebbiate.
In questa analisi approfondita, andremo oltre il tabellino dei marcatori per capire come la “gabbia” costruita attorno a McTominay, l’inefficacia del possesso palla e le scelte obbligate di Conte abbiano spinto gli azzurri verso il 23° posto in classifica, a un passo dal baratro dell’eliminazione.

Lo scacchiere iniziale: L’emergenza contro l’aggressività

Per comprendere la partita, bisogna partire dalle distinte. Conte non ha bluffato alla vigilia: l’assenza di colonne vertebrali come Lobotka e Anguissa ha costretto il tecnico salentino a ridisegnare il suo Napoli con un 3-4-2-1 di pura emergenza. La scelta di Elmas in mediana, accanto a McTominay, era un rischio calcolato che però, alla prova del campo, non ha pagato.
Dall’altra parte, Mourinho ha preparato la “partita perfetta”. Il suo Benfica, schierato con un 4-2-3-1 dinamico, aveva un compito preciso: aggredire le fonti di gioco napoletane e sfruttare la verticalità. La mossa a sorpresa? L’utilizzo di Ivanovic come riferimento offensivo mobile e, soprattutto, la coppia di centrocampo Rios-Barrenechea, incaricata di trasformare ogni recupero palla in una transizione letale.

La chiave tattica: La neutralizzazione di McTominay

Se c’è un’immagine che riassume il primo tempo, è Scott McTominay circondato dalle maglie rosse. Conte fa affidamento sullo scozzese per i suoi inserimenti “box-to-box”, fondamentali per rompere le linee avversarie. Mourinho lo sapeva. Il tecnico portoghese ha ordinato una marcatura asfissiante: ogni volta che il numero 8 azzurro riceveva palla, Rios o Barreiro accorciavano immediatamente, impedendogli di girarsi e costringendolo a passaggi orizzontali o all’indietro.
I dati sono impietosi e confermano l’impressione visiva: McTominay è apparso impreciso, nervoso e, in occasione del primo gol, complice di un rinvio maldestro. Senza la sua forza propulsiva, e con un Elmas palesemente a disagio nel ruolo di mediano di rottura, il Napoli si è trovato spezzato in due.

Possesso sterile vs efficienza cinica

Uno degli aspetti più interessanti emersi dai dati post-partita è il divario tra possesso palla e pericolosità reale. Il Napoli ha tenuto il pallone per il 60.4% del tempo. In altri contesti, questo dato potrebbe suggerire un dominio; a Lisbona, ha indicato impotenza.
Il possesso azzurro è stato un giro palla perimetrale, una “U” sterile che non ha mai trovato sbocchi centrali. La difesa del Benfica, guidata da un Otamendi in versione monumentale (capace di annullare Hojlund), ha chiuso ogni varco centrale. Al contrario, il Benfica ha accettato di avere meno la palla (39.6%), ma l’ha usata meglio. Con un Expected Goals (xG) di 1.89 contro lo 0.59 del Napoli, i portoghesi hanno dimostrato che nel calcio moderno la verticalità batte il possesso orizzontale.

Anatomia dei gol: Errori individuali e di sistema

I due gol subiti dal Napoli sono casi di studio su cosa non fare in fase difensiva.
Il gol di Rios (20′): Nasce da una transizione in cui il centrocampo azzurro è assente ingiustificato. Ma è la linea difensiva a preoccupare. Buongiorno, solitamente una garanzia, è apparso in ritardo nella lettura, lasciando a Rios lo spazio per battere a rete. Anche la reattività di Milinkovic-Savic è finita sotto la lente d’ingrandimento, apparso poco esplosivo sul tiro ravvicinato.
Il gol di Barreiro (49′): Se il primo gol è stato un errore, il secondo è stato un’umiliazione tecnica. Il colpo di tacco di Barreiro è un gesto di classe, ma la facilità con cui il Benfica è arrivato in area a inizio ripresa testimonia un approccio mentale sbagliato degli azzurri al rientro dagli spogliatoi. Rrahmani è stato “bruciato” sul tempo, incapace di leggere il movimento dell’avversario.

Le pagelle: Chi sale e chi scende

È impossibile non menzionare le prestazioni individuali che hanno deciso il match.
Il migliore (Benfica): Richard Rios (7.5). Gol, assist e dominio fisico. Ha sovrastato il centrocampo del Napoli in ogni fondamentale.
Il peggiore (Napoli): Eljif Elmas (4.5). L’esperimento di Conte è fallito. Il macedone ha “girato a vuoto”, arrivando sempre secondo sulle seconde palle e non garantendo filtro.
La delusione: Alessandro Buongiorno (5). Dopo Eindhoven, un’altra serata europea da dimenticare. Sembra aver perso quella sicurezza che lo rende dominante in Serie A.

Il post-partita: La guerra psicologica Conte-Mourinho

Il match non è finito al 90′. Davanti ai microfoni, è andato in scena il secondo atto della sfida.
Antonio Conte ha provato a proteggere la squadra, citando Ogni maledetta domenica e Al Pacino: “La vittoria è questione di centimetri… non dobbiamo lasciare un centimetro”. Ha insistito sul tema della stanchezza (“Siamo arrivati cotti”) e del “centrocampo svuotato”, cercando di spostare l’attenzione sulle attenuanti fisiche.
Mourinho, fedele al suo personaggio, non ha fatto prigionieri. Alla domanda sulla stanchezza del Napoli, ha risposto con un tagliente: “Non fatemi ridere”. Per lo Special One, la vittoria è stata frutto di dominio tattico e mentale, non di demeriti altrui. Ha poi rincarato la dose elogiando i suoi giovani, profetizzando che il debuttante José Neto “farà la storia”, dimostrando una gestione magistrale dell’entusiasmo del suo ambiente.

Il futuro è un campo minato

Cosa ci lascia questa notte portoghese?
Il Napoli si trova ora in una posizione critica: 23° posto con 7 punti. Il margine di errore si è azzerato. Le prossime due sfide contro Copenaghen e Chelsea non saranno semplici partite, ma vere finali. Scivolare oltre il 24° posto significherebbe l’eliminazione totale dall’Europa, un disastro sportivo ed economico.
Per Conte, il compito più arduo non sarà recuperare le gambe dei giocatori, ma la testa. La squadra vista al Da Luz è apparsa fragile, impaurita e priva di alternative tattiche quando il Piano A fallisce. Mourinho, dal canto suo, ha dimostrato che in Europa l’esperienza e la strategia contano ancora più dei nomi sulla maglia.
Il Napoli deve ritrovare i suoi “centimetri” perduti, e in fretta. Perché in Champions League, come ha dimostrato il Benfica, nessuno ti regala nulla.

Giulio Ceraldi

Forza Napoli. Sempre.

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