
La notte del 7 dicembre 2025 non ci ha consegnato solo il risultato di un big match (2-1 per il Napoli), ma ha emesso una sentenza tattica inappellabile. Al Diego Armando Maradona, Antonio Conte ha impartito una lezione di concretezza a un Luciano Spalletti prigioniero delle sue stesse sperimentazioni. Se il Napoli vola in testa alla classifica da solo, la Juventus sprofonda nei dubbi di un’identità tecnica che, priva dei suoi pilastri, sembra sgretolarsi sotto il peso di invenzioni troppo ardite.
L’emergenza come opportunità vs l’emergenza come alibi
Entrambe le squadre arrivavano al fischio d’inizio decimate. Il Napoli senza il cervello della squadra, Stanislav Lobotka; la Juventus senza la spina dorsale, priva di Bremer in difesa e Vlahovic in attacco (fuori fino al 2026). La differenza l’ha fatta la risposta degli allenatori a queste assenze.
Antonio Conte ha scelto la via della semplificazione fisica. Senza le geometrie di Lobotka, non ha cercato un clone, ma ha alzato i giri del motore inserendo Elmas e McTominay: meno palleggio, più strappi verticali e aggressione sugli spazi.
Luciano Spalletti, al contrario, ha scelto la via della complicazione. Senza Bremer, ha arretrato Teun Koopmeiners sulla linea dei difensori come “braccetto” di sinistra. L’idea, sulla carta affascinante (un regista arretrato per pulire l’uscita palla), si è rivelata un boomerang devastante. L’olandese, lontano dalla porta e costretto a difendere in area, ha palesato limiti di posizionamento che Hojlund ha punito severamente.
Il duello chiave: Neres massacra la fascia sinistra
La partita si è sbloccata – e di fatto decisa – sulle fasce. Conte aveva individuato in Juan Cabal l’anello debole della catena bianconera e ha isolato sistematicamente David Neres contro di lui.
Il primo gol (7′) è un manifesto di questa strategia: Neres ha saltato Cabal con irrisoria facilità, mettendo un cross basso e teso. Qui entra in gioco l’errore sistemico della Juve: Koopmeiners, non abituato a difendere l’area piccola, ha guardato la palla sfilare invece di marcare l’uomo. Rasmus Hojlund, centravanti vero, ha attaccato il primo palo e ringraziato.
Per 45 minuti, la fascia destra del Napoli è stata un’autostrada, con Cabal costretto a uscire all’intervallo per manifesta inferiorità.
L’illusione Yildiz e la sterilità del possesso
Nel primo tempo la Juventus ha tenuto più palla (chiuderà col 51% di possesso), ma è stato un possesso sterile, a forma di “U”, che non ha mai impensierito Milinkovic-Savic. L’unico lampo di luce nel grigiore bianconero è stato Kenan Yildiz.
Schierato come “falso nove”, il turco ha faticato a trovare la posizione, spesso costretto ad abbassarsi troppo per toccare palla. Eppure, il gol del pareggio al 59′ è tutta farina del suo sacco: un “colpo da biliardo” improvviso che ha gelato il Maradona.
Per un attimo, la partita è sembrata poter girare. Il Napoli, che aveva speso tantissimo nel pressing alto guidato da McTominay, ha tirato il fiato. Ma è proprio qui che Spalletti ha commesso l’errore fatale.
Il suicidio tattico: Togliere l’unico che accende la luce
Al minuto 76, con la partita in bilico sull’1-1, Spalletti ha richiamato in panchina Yildiz per inserire Loïs Openda. Una scelta che ha lasciato attoniti tifosi e addetti ai lavori.
La giustificazione post-gara (“Openda l’abbiamo pagato 50 milioni, deve dare di più”) suona come una scusa aziendalista più che tecnica. Tatticamente, la mossa ha ucciso la Juventus. Yildiz era l’unico capace di legare i reparti e saltare l’uomo; Openda, giocatore di profondità, si è trovato ingabbiato contro una difesa del Napoli ormai schierata bassa e compatta. Senza il numero 10, la Juve ha perso quel briciolo di imprevedibilità che le restava.
La sentenza: Hojlund e la fragilità mentale della Juve
Il gol del 2-1 (78′) è la fotografia impietosa del momento bianconero. Su un cross apparentemente innocuo di Di Lorenzo, Weston McKennie – altro giocatore adattato e confuso – ha tentato un intervento difensivo goffo, servendo di fatto un assist involontario a centro area.
Hojlund, che a differenza dei difensori juventini “sente” la porta, era lì. Doppietta, vittoria e primato.
I dati Expected Goals (xG) confermano che non c’è stato scippo: Napoli 2.37, Juventus 0.78. La squadra di Conte ha creato il triplo, ha tirato quasi tre volte tanto (14 a 5) e ha dominato territorialmente le zone che contano.
Cosa ci dice questa partita?
Il Napoli di Conte è una macchina da guerra costruita su principi semplici: ferocia, verticalità e ruoli definiti. Anche in emergenza, ogni giocatore sa cosa fare.
La Juventus di Spalletti è un cantiere aperto dove l’architetto sembra aver perso i disegni. L’esperimento di Koopmeiners difensore va archiviato immediatamente, così come l’idea che si possa rinunciare alla qualità di Yildiz in nome del turnover o del prezzo del cartellino di chi sta in panchina.
Il 7 dicembre ci ha detto che per vincere lo Scudetto serve solidità, non alchimia. E oggi, quella solidità abita solo a Fuorigrotta.
Giulio Ceraldi
Forza Napoli. Sempre.
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