Una immagine che racchiude il concetto di gentrificazione

La SSC Napoli lancia la sua nuova “Premium Membership”. Costo: 75 euro. Validità: annuale. Tra i tifosi, la reazione non è stata di giubilo per l’ingresso in una “community esclusiva”, ma di disappunto. La percezione diffusa è quella dell’ “ennesimo colpo”, l’ultimo atto di un lungo e logorante conflitto tra il club e la base storica della tifoseria.
Ma per capire perché questa card da 75 euro sia la metafora perfetta di un processo inarrestabile, non dobbiamo guardarla come un semplice aumento di prezzo. Dobbiamo analizzarla per quello che è: il più chiaro ed esplicito atto di gentrificazione del tifo mai messo in atto dal club.
La società non sta semplicemente chiedendo più soldi; sta attivamente selezionando una nuova clientela, trasformando un bene popolare in un servizio di lusso e dicendo, di fatto, alla sua anima storica: “Grazie, ma da ora in poi l’accesso è riservato a chi può permetterselo”.

Il contesto: L’antica lotta per il “Settore Popolare”

Questa mossa non avviene nel vuoto. Arriva al culmine di un decennio di tensioni sul “caro biglietti”. La tifoseria organizzata del Napoli, in particolare i gruppi di curva, combatte da anni una battaglia non solo economica, ma culturale. Quando gli ultras espongono striscioni con la scritta “Settore Popolare”, non stanno chiedendo uno sconto, stanno difendendo un’identità.
Stanno rivendicando il diritto dello stadio a rimanere una “piazza” accessibile a tutti, un luogo di aggregazione sociale e non un teatro per turisti o per la classe dirigenziale.

La trappola del “doppio pedaggio”

Il genio (commerciale) e il cinismo (sociale) dell’operazione risiedono in un’ambiguità strategica. La nuova “Premium Membership” non sostituisce la vecchia Fidelity Card. La frammenta.
Per la stagione 2025/26, il Napoli ha creato un sistema a “doppia fedeltà”, separando i diritti dei tifosi in due prodotti distinti:
La burocrazia (la “Fan Stadium Card”). Questa è la Fidelity Card da 20 euro, con validità triennale. È definita ufficialmente come lo strumento “necessario ed indispensabile” per sottoscrivere un abbonamento. È, in pratica, la tassa per l’identificazione, il costo burocratico per “esistere” come abbonato.

Il lusso (La “Premium Membership”): Questo è il nuovo servizio digitale da 75 euro, valido un anno. Il suo valore non sta nei contenuti digitali o nel voucher da 25 euro (un chiaro incentivo all’e-commerce), ma in un singolo privilegio: la prelazione sull’acquisto dei biglietti per le gare casalinghe.
Qui si svela il “doppio pedaggio”. Il tifoso “completo” – l’abbonato che vuole anche la prelazione per le partite di coppa non incluse nel suo pacchetto – è ora costretto ad acquistarli entrambi. Il costo per essere un tifoso fedele e godere di tutti i diritti di accesso non è più 20 euro triennali, ma 20 euro (triennali) più 75 euro (annuali). I diritti di fedeltà sono stati “spacchettati” (unbundled) e rivenduti a un prezzo moltiplicato.

Il paywall: Eliminare il tifoso occasionale

Se il tifoso abbonato subisce un salasso, il tifoso occasionale, quello della fascia “popolare”, viene semplicemente eliminato.
Pensiamo al tifoso non abbonato che risparmia per vedere quella partita: il big match di campionato o la serata di Champions League. In passato, questo tifoso poteva sperare nella vendita generale, che tipicamente apriva 5-7 giorni prima dell’evento.
Oggi, la “Premium Membership” agisce come un paywall, una barriera di pagamento invalicabile. Per le partite di alta domanda, è una certezza matematica che i biglietti si esauriranno durante la fase di prelazione “Premium”. La vendita generale, di fatto, non esisterà più per gli eventi principali.
Questo trasforma la natura stessa dell’acquisto. Il tifoso occasionale non paga più 75 euro per un servizio annuale; è costretto a pagare 75 euro come “tassa sulla passione”, un sovrapprezzo esorbitante per ottenere il diritto di acquistare un singolo biglietto. È la gentrificazione nella sua forma più pura: l’accesso prioritario viene messo all’asta e venduto al miglior offerente, escludendo attivamente chi non può o non vuole pagare questa “tassa sul privilegio”.

Da tifoso a “utente”: La trasformazione culturale

La scelta di lanciare questa piattaforma in partnership con KDA3, un’azienda di “tecnologia sportiva” e “fan engagement”, è la firma ideologica di questa operazione. È l’adozione di un modello di business da tech company.
In questo nuovo vangelo commerciale, i tifosi non sono più una comunità, ma una user base (base di utenti) da segmentare. Il programma è diviso in “Free” (per la raccolta dati) e “Premium” (per la monetizzazione). Il club non sta costruendo lealtà, sta costruendo un canale di vendita.
Il valore di un tifoso non è più misurato dalla sua presenza, dalla sua voce, dalla sua fedeltà storica. È misurato dalla sua capacità di spesa. Il club sta inviando un messaggio inequivocabile: privilegia il “cliente premium” disposto a pagare 75 euro per una prelazione e a spenderne altri con il voucher da 25 euro, rispetto al tifoso “popolare” che da generazioni occupa la curva.
Il “colpo” percepito dai tifosi, quindi, non è solo finanziario. È un tradimento culturale. È la formalizzazione di una deriva che vede lo stadio non più come l’ultimo baluardo di passione collettiva e popolare, ma come un bene di lusso, un teatro esclusivo per “utenti premium” selezionati. La gentrificazione è completa.

Giulio Ceraldi

Forza Napoli. Sempre.

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