André-Frank Zambo Anguissa

Ci sono partite che non si vincono con il bel gioco, ma con il veleno in coda. Partite che non si decidono con un’azione corale, ma con un singolo, spietato episodio. Lecce-Napoli, nona giornata di Serie A, è stata una di queste: un thriller psicologico mascherato da partita di calcio, un duello deciso dal confine sottilissimo che separa la gloria dal rimpianto.
Al Via del Mare si sfidavano due mondi: da un lato la capolista Napoli di Antonio Conte, una corazzata costruita per vincere, pragmatica e consapevole della propria forza. Dall’altro, il Lecce di Eusebio Di Francesco, invischiato nella lotta per non retrocedere, con il cuore e l’organizzazione come uniche armi contro un gigante dal valore di mercato quasi sette volte superiore. Eppure, per quasi un’ora, il campo ha raccontato una storia di equilibrio, una partita a scacchi bloccata e tesa. Poi, in un vortice di quindici minuti, il destino ha scelto da che parte stare.

L’equilibrio e la svolta mancata

Il primo tempo è stato esattamente come ci si poteva aspettare: il Napoli a fare la partita con un possesso palla sterile e il Lecce chiuso in un blocco difensivo compatto e ordinato. Poche emozioni, se non per un guizzo di Olivera fermato da un grande intervento del portiere leccese Falcone. Una gara “non proprio esaltante”, come l’hanno definita i cronisti, che sembrava destinata a un pareggio a reti bianche.
Ma il calcio è fatto di momenti. Al 54′, la svolta: un lungo check del VAR rileva un tocco di mano in area del difensore napoletano Juan Jesus. L’arbitro Collu indica il dischetto: rigore per il Lecce. L’opportunità di una vita, il colpo del KO contro la prima della classe. Sul pallone va il giovane Francesco Camarda, con tutto il peso dello stadio sulle spalle. Ma quello che doveva essere il momento dell’apoteosi salentina si trasforma nel capolavoro di Vanja Milinkovic-Savic. Il portiere del Napoli intuisce, si allunga e respinge il tiro, un intervento “fenomenale” che non salva solo il risultato, ma sposta l’intera inerzia psicologica del match dalla parte degli azzurri.

La punizione del cinismo

La legge non scritta più vecchia del calcio recita: gol sbagliato, gol subito. E il Napoli di Conte è un maestro nell’applicarla. Scampato il pericolo, il Napoli ha ripreso coraggio. Dodici minuti dopo l’errore di Camarda, arriva la beffa. Punizione dalla trequarti per gli ospiti: il subentrato David Neres disegna una traiettoria perfetta e Frank Anguissa, dominatore del centrocampo, svetta più in alto di tutti e di testa insacca il pallone dello 0-1. È il colpo del campione, la zampata della squadra che sa come vincere anche quando non brilla.
Il resto della partita è un copione già scritto. Il Lecce si lancia in un assalto generoso ma confuso, mentre il Napoli si chiude, soffre “in maniera organizzata” e gestisce il vantaggio con l’esperienza e la disciplina tipiche delle squadre di Conte. I dati finali confermano l’equilibrio: il Lecce ha tirato di più (9 a 8), e gli Expected Goals (xG) sono quasi identici (0.54 a 0.67), a dimostrazione che la partita è stata decisa dalla freddezza nei momenti chiave.

Cosa ci dice questa partita?

Per il Napoli, questa è una vittoria che vale doppio. Non per lo spettacolo, ma per il peso specifico. È una vittoria “sporca”, sofferta, ottenuta con cinismo e pragmatismo, che consolida il primato in classifica a 21 punti e lancia un messaggio potentissimo alle rivali. Sono questi i tre punti che, a fine stagione, fanno la differenza tra chi vince e chi rimpiange. Come ha sottolineato Conte nel post-partita, la squadra ha mostrato “spirito” e la capacità di “reggere botta” in una trasferta difficile, un segnale di maturità fondamentale.
Per il Lecce, invece, resta un pugno di mosche e un oceano di rimpianti. La squadra di Di Francesco ha dimostrato di poter tenere testa alla capolista, ma l’errore dal dischetto pesa come un macigno sul morale e su una classifica che la vede ferma a 6 punti. La delusione è palpabile, con i tifosi che sui forum non hanno perdonato la scelta di far tirare un rigore così decisivo al giovane Camarda. È una sconfitta che brucia, perché l’impresa era a portata di mano e un punto avrebbe avuto il sapore di una vittoria.
Alla fine, la differenza l’hanno fatta due calci piazzati: uno fallito, l’altro trasformato in oro. In una serata di tattica e nervi, ha vinto chi ha saputo essere più spietato. Ha vinto il Napoli, con la legge cinica e inesorabile di Antonio Conte.

Giulio Ceraldi

Forza Napoli. Sempre.

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