Premesso che da un pezzo la nazionale italiana non mi emoziona più (ma questo, probabilmente, è un “problema” mio), credo che di questo passo rischiamo seriamente di “lisciare” anche il terzo mondiale di fila (questa nazionale è scarsa assai, al di là della formazione sbagliata di Spalletti a Dortmund).
Il calcio giovanile italiano, a livello di nazionali di categoria va alla grande.
Poi, però, il passo successivo (quello della consacrazione) non avviene per un corto circuito culturale che assegna al nostro Paese il triste ruolo di essere (e magari fosse soltanto nel pallone) una società per vecchi dove alle nuove generazioni si stenta a dare opportunità e dove la vecchia guardia (in qualsiasi settore del vivere civile) stenta a lasciare il posto alle nuove leve.
E così, tornando nell’ambito strettamente calcistico, assistiamo al fenomeno che vede spesso ragazzi anche di 24 anni “fare il muschio” in panchina o spinti a dover scegliere palcoscenici di piazze minori perché “si devono fare le ossa”, laddove all’estero, se sei bravo giochi, ti danno la possibilità e non ti “impallinano” al primo errore. Al di là dell’età anagrafica. E non sto parlando del fenomeno del Barcellona Yamal ma di tanti suoi coetanei o quasi che, in giro per il mondo (sì, il mondo) riescono a mostrare le proprie qualità pure sui campi più difficili.
Ma se ad un giovane che ha talento non gli si da fiducia…il futuro di chi sarà?

Giulio Ceraldi

P.S. Adesso ricomincerà il tam-tam populista (che attecchisce sempre) dei troppi stranieri che tolgono posti agli italiani (vi suona familiare anche in altri ambiti questa frase?). Beh, vi garantisco che è soltanto una boutade acchiappa-consensi perché (come scritto prima) le nazionali giovanili vanno a gonfie vele da anni. Il problema è la nazionale maggiore e la parentesi europeo vinto nel 2021 è stata la classica rondine che non fa primavera (oppure, per dirla napoletanamente, acqua che non toglie sete) perché dopo questo abbiamo fallito il secondo mondiale di fila. Sfortuna? Non credo.

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