“Il triangolo no, non lo avevo considerato”, cantava Renato Zero nel lontano 1978.

Dopo una stagione disastrosa come quella che stancamente si trascina ormai da mesi, si inizia a parlare seriamente dell’allenatore che verrà. Ho letto da qualche parte che la parola “traghettatore” è ormai sinonimo di sfiga (non proprio così; ci ho messo un po di mio ndr). In effetti, dopo la calamità Garcia, sono seguiti lo stracotto Mazzarri ed il part-time-senza-infamia&senza-lode Calzona. Insomma, un pianto.

Il sogno era e resta lui. L’uomo di Lecce. Antonio Conte. Prove? Indizi? Sentori? Nemmeno a pagarli oro (soprattutto con una società che continua nella politica post-scudetto dell’abbassamento del tetto ingaggi). Ma Conte è il nome acchiappa-click, che fa vendere copie. E allora torna a girare.

Se vogliamo è un po’ (con le dovute proporzioni) come la “suggestione suggestiva” dell’ex Red Xabi Alonso. L’allenatore emergente del calcio mondiale che sta guidando il suo Bayer Leverkusen alla conquista della Bundesliga. Quale storia più affascinante di quella che vede un ex giocatore del Liverpool prendere il testimone dal mito Jürgen Klopp. Poi una conferenza stampa dello stesso Alonso cambia tutto. Xabi ha attivato la clausola che lo terrà a Leverkusen per un altro anno.

Notizia di queste ore è un nome che prepotentemente è avvicinato al Napoli come successore di Mauro Meluso: Giovanni Manna, dirigente juventino. Pare ci sia già un accordo verbale col club azzurro. Specializzato nello scovare e valorizzare giovani talenti, Manna è, in effetti, la conferma di quanto ho già scritto poco tempo fa: sarà Vincenzo Italiano a sedersi sulla panchina del Napoli nella prossima stagione. Aziendalista e cultore del 4-2-3-1, Italiano gioca col trequartista schierato dietro alla punta, coi due esterni offensivi a supporto, i due centrocampisti centrali in mezzo al campo e la linea difensiva a 4. Chiaro, semplice e soprattutto logico per una squadra, il Napoli, che non vuole fare ulteriori salti nel buio.

Italiano non scalda la piazza (almeno per ora). L’uomo di  Karlsruhe non regge il confronto col leccese, anche se quest’ultimo in quel di White Hart Lane (leggasi Tottenham ndr), ha fatto più danni che altro e facendo spendere agli Spurs qualcosa come €223 milioni (avete letto bene), per poi “abbandonare la nave” con un accordo consensuale col club londinese.

Personalmente non stimo Conte, né come allenatore (le sue squadre giocano un calcio speculativo) né come uomo (è l’esatto contrario proprio di Jürgen Klopp, per intenderci; in tutti i sensi). Ma in Italia è stato un vincente, fino a qualche anno fa. Molti tifosi sperano, credono in lui come quello che imporrebbe le sue scelte a De Laurentiis (e già qui i dubbi di compatibilità col presidente cominciano a vacillare), sarebbe garanzia di una campagna acquisti di livello (i dubbi aumentano…), imporrebbe un organigramma societario al momento inesistente (sì, aumentano sempre di più) e soprattutto terrebbe ADL lontano dallo spogliatoio e dai fatti di campo (e qui i dubbi “straripano”).

L’esigenza, il desiderio, la voglia di sognare di una piazza quasi traumatizzata dalla stridente differenza tra la cavalcata trionfale dello scudetto e la doccia gelata dell’anno dopo, sono comprensibili, quasi terapeutici. La realtà, però, dice altro.

Come sempre chi vivrà vedrà.

Di sicuro c’è che il Napoli di De Laurentiis non può permettersi di fallire due stagioni di fila. Dopo aver perso in una sola annata la possibilità di difendere il titolo, qualificarsi alla prossima edizione della Champions, buttare alle spine il Mondiale per Clubs e probabilmente dovendo rinunciare a potenziali sponsorizzazioni più corpose che sarebbero potute arrivare se le cose di campo fossero andate diversamente.

L’anno prossimo è un mezzo “reset” (forse più che mezzo…).

C’è tempo per fare le cose per bene. Si spera.

Giulio Ceraldi

Forza Napoli. Sempre.

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