Ieri un noto giornalista napoletano postava sul suo profilo Twitter una frase bellissima e famosissima a Napoli. Chi nún tèn’ curàggio nún sé cócca che’ e fémmene belle. Conoscendo la filosofia di questo giornalista, il senso della frase era quello di non mollare. Nonostante il pareggio del Meazza.
Io questa frase, invece, la dedicherei a Maurizio Sarri.
La mia stima nei confronti del tecnico azzurro è intatta. In tre anni ha portato la squadra partenopea ad infrangere, uno dopo l’altro, quasi tutti i record, in un costante crescendo di prestazioni.
Tuttavia non posso negare che, proprio alla luce della distanza siderale creatasi tra il Napoli secondo e le altre squadre. Proprio alla luce di un podio d’onore inattaccabile, mi aspetterei una maggiore flessibilità dell’allenatore.
Mi spiego meglio.
Anche i sassi hanno capito che Dries Mertens non ne ha più. È poco lucido. Stanco. Idem dicasi per Kalidou Koulibaly. Lo stesso Lorenzo Insigne pecca di brillantezza. Marek Hamsik è quasi a rosso fisso.
E allora, benedetto Maurizio, inventiamoci qualcosa. Mischiamo le carte. Togliamo i soliti punti di riferimento all’avversario.
In poche parole:osiamo di più.
La chiave del successo di quest’anno è stata, senz’ombra di dubbio, il fraseggio corto e veloce.
Ve-lo-ce.
Quello di adesso è la copia sbiadita del concetto di velocità. Ed è normale. Tirare nove mesi la carretta e sempre, bene o male, con gli stessi uomini è stato pazzesco, meraviglioso, incredibile. A questo aggiungiamoci gli infortuni di Arkadiusz Milik e Faouzi Ghoulam e la risultante di tutto questo è una stagione a dir poco straordinaria.
Resta il fatto che la cristallizzazione dei soliti cambi nelle solite frazioni di partita funzionano ormai a fasi alterne. Se col Chievo l’ingresso di Milik ha cambiato il volto del match col Milan questa soluzione non ha avuto il tempo effettivo di materializzarsi in un vantaggio. Senza contare