2019 FUGA DAGLI SPALTI

Sono seduto qui, di fronte al San Paolo, in mezzo a voi, come uno di voi.

Aspetto di sentire quell’urlo, il nostro, che sa muovere l’aria ed i palazzi tutt’intorno…quando ognuno delirando si emozionava all’inverosimile per quel gol, che solo noi tifosi sappiamo amare e vestire di un azzurro intenso che non perde la sua vivacità con il trascorrere degli anni.

Ma è un’illusione, un salto nel passato, forse inutile.

L’oggi è diverso.

Quegli spalti che trasudavano di passione e sui quali consumavamo tanta emozione, assistono impotenti ad uno spettacolo “già andato in scena”, con i beniamini azzurri in cerca di una gloria già consegnata ad altri colori dal potere finanziario.

Il tifoso vede dalla propria naturale “dimora” una nebbia sempre più fitta su quel rettangolo di gioco.

E’ vero: quando parliamo di Napoli è una passione calcistica davvero unica che si erge a protagonista. Ma è anche vero che mode, costumi ed abitudini cambiano nel tempo. Così questa passione, un vero e profondo sentimento per il calcio azzurro, pur essendo ben radicata nei tanti tifosi sparsi per il mondo, purtroppo negli ultimi tempi viene sempre più offuscata da una coltre di problematiche che si stanno materializzando in una sorta di fuga da quelle stesse gradinate che vissero gioie e dolori della storia del calcio partenopeo.

“Ma stiamo facendo veramente?”, direbbero in tanti. Oggi la risposta è un “sì” secco, preciso, che non lascia spazi aperti a negoziazioni e, quindi, ripensamenti, visto lo status quo e il vento che tira (senza contare le prospettive all’orizzonte).

Quando si tira troppo la corda… Nessun segnale premonitore, nessun colpo a sorpresa. E’ un dato di fatto che è maturato lentamente, passando da un’ordinaria riduzione periodica, come capita spesso durante i campionati, fino a diventare una preoccupante realtà delle ultime ore. Questo non è però mero responso numerico ma di più, molto di più. E’ un atteggiamento che affonda le radici nella sociologia dello sviluppo storico del tifoso. Anni addietro si facevano lunghe ed estenuanti file per varcare quei tornelli e partecipare alla “festa”. Ora la situazione è cambiata. Per essere aggiornati in tempo reale basta citare i numeri della sfida contro il Toro: meno di ventimila tifosi presenti.

A chi dare o, meglio ancora, a cosa imputare tutto ciò? Le risposte s’inseguono e s’inseguiranno ancora e chissà per quanto.

Eppure questa situazione va analizzata e da un duplice punto di vista.

Il primo pone l’accento su alcuni dati inconfutabili. Innanzitutto vivere le imprese degli azzurri in un campionato che è già scritto negli annali ancor prima di terminare non fa ridere e divertire nessuno. Se a questo aggiungiamo il fatto che la squadra produce tanto ma concretizza poco, ecco che il gioco è fatto. Il Napoli non ha mai segnato cosi poco negli ultimi anni, cosi come non vi è mai stata nel passato di Ancelotti una sua creatura con così poca vena offensiva. L’altro punto di vista è condito da punti che, benché opinabili, lasciano spazio a riflessioni importanti sulla reale natura del tifo azzurro. E’ da escludere che questa fuga dal San Paolo possa essere il frutto di una metamorfosi degli appassionati abituati a ben altri traguardi. E’ vero che abbiamo toccato le stelle con un dito con l’epoca Maradona, ma abbiamo anche saputo star vicino alla squadra quando si navigava in brutte acque, in serie C addirittura. Vogliamo scaricare tutto il fardello sul mister Carlo? Non sarebbe obiettivo. Le squadre le fanno gli uomini in campo, in qualunque modo li si disponga. Lavagnette e calcoli statistici valgono in parte ma è il campo a parlare la lingua dei risultati e misura la temperatura emotiva del tifoso. Punto. Lo sappiamo bene che la politica societaria è quella, che molti si aspettavano il “nuovo” dopo la partenza del capitano, che si è investito, ancora una volta, su un futuro fatto di giovani di indubbio valore. Ma per vincere un campionato, una coppa europea ed altro occorre uno sforzo in più che nessuno, tanto meno Ancelotti e questo gruppo (fatto di indubbi talenti ma con dei limiti), può compensare. A questo punto l’analisi la potremmo spostare in direzione “new age”, le moderne tendenze quotidiane, per trovare un senso all’attualità. Troppe distrazioni, forse, tra pay tv, tablet e simili? Potrebbero essere fattori rilevanti ma non al punto da invertire in modo cosi incisivo una tendenza storica d’azzurro.

Mancava, a questo quadro, la classica ciliegina sulla torta: le casse delle società di calcio subiranno gli effetti della pronuncia della Cassazione che, nelle ultime ore, si è pronunciata sull’inquadramento fiscale delle plusvalenze da calciomercato, definendole, ai fini della classificazione in bilancio, come proventi ordinari, quindi tassabili ai fini Irap.

Piove sul bagnato in casa azzurra, dove la speranza di veder rettificato il tiro degli investimenti societari potrebbe tornare sui binari della pura utopia. In buona sostanza, è il momento di riflettere su cosa hanno sempre chiesto i tifosi. Solo di essere ascoltati un pò di più. Solo di poter condividere con la dirigenza quella parte emotivamente inspiegabile che prende il nome di passione azzurra. Si potrebbe passare anche sopra i tempi duri finanziari, tra spending review e nuove norme di bilancio. Ma l’inganno celato dai numeri e dalle pianificazioni a tavolino non portano lontano.

E’ in ballo non solo il destino di quegli spalti azzurri ma di tutto il sistema calcio (tranne per chi avrà la possibilità di continuare a schiacciare i bottoni del potere).

La fuga è una conseguenza, ma la battaglia contro il sistema è un obbligo…

Marco Melissa

#ForzaNapoliSempre

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